Effetto Todde a Firenze, i Dem prendono tempo

Dare l’impressione di non essere mai in controllo degli eventi, soprattutto quelli che la riguardano direttamente, è un problema antico della destra fiorentina, che nemmeno con FdI alla guida della coalizione sembra essere risolto

Alessandra Todde, neopresidente della Regione Sardegna fra i leader del M5S Giuseppe Conte e del Pd Elly Schlein

Alessandra Todde, neopresidente della Regione Sardegna fra i leader del M5S Giuseppe Conte e del Pd Elly Schlein

Firenze, 3 marzo 2024 – L’entusiasmo della sinistra per la vittoria alle elezioni regionali in Sardegna, con il ritorno del cosiddetto campo largo, è contagioso. Così contagioso che la coalizione Pd-M5S, allargata per l’occasione a IV e Azione, spera di vincere anche in Abruzzo, altra Regione governata dalla destra, dove si vota domenica prossima.

Ma l’effetto Todde arriva anche a Firenze; l’Alleanza Verdi e Sinistra, che fa parte della coalizione con il Pd, ha appena incontrato il M5S, con l’obiettivo di replicare il campo largo sardo ed escludere IV. Sinistra Italiana ha d’altronde potere di veto sulla composizione della coalizione, grazie alle gentili concessioni del Pd fiorentino, e propone alternative al dialogo in corso con il partito di Matteo Renzi. I Democratici hanno preso un po’ di tempo, ma non sembrano essere proprio entusiasti dell’offerta di un accordo con il M5S. Ci sono d’altronde delle comprensibili ragioni programmatiche. Dall’alta velocità all’aeroporto, dall’urbanistica alla tramvia: gli argomenti su cui Pd e M5s sono incompatibili si sprecano. I primi due, peraltro, non sono esattamente un dettaglio e il M5S pone come pre-condizione l’abbandono di qualsiasi ipotesi di ampliamento del Vespucci. Temendo di non poter essere autosufficiente, il Pd è costretto a scegliere fra l’allargamento a sinistra o al centro. Prima o poi la scelta, inevitabile, arriverà. Il risultato in Abruzzo senz’altro inciderà; un’altra vittoria del campo largo darebbe ragione ai teorici dell’unità, ma non aiuterebbe a tenere insieme tutti. La distanza fra Pd e M5S in Toscana sembra essere simile a quella che c’è in Piemonte, dove sull’alta velocità si sono consumati scontri seri, che difficilmente possono risolversi in un’astratta sintesi degli opposti. Fra le teorie di Dario Franceschini, esegeta della casa comune, e la realtà ci sono diverse infrastrutture di mezzo.

A sottolineare di più le incongruenze della possibile alleanza fra Pd e M5S a Firenze è l’ex sindaco Matteo Renzi, pronto a candidare Stefania Saccardi senza altri alleati. Magari è solo un bluff, perché al leader di Italia Viva le competizioni in cui si fa solo testimonianza non piacciono, ma c’è da dire che forse andare da soli converrebbe ai renziani, che altrimenti verrebbero annullati in una coalizione troppo larga. IV ha praticato da quando è nata la politica dei due forni. Governa col Pd in Comune e in Regione, ma a Massa e a Pisa ha partecipato alle elezioni con il destra-centro. Firenze, certo, è un caso diverso e Renzi pare più essere intenzionato a dialogare con i suoi ex compagni di partito; non tanto per questioni ideologiche, ma perché la destra a Firenze non sembra avere la stessa pragmatica lucidità che ha dimostrato nel resto della Toscana e corre il rischio, ancora una volta, di indicare il candidato sindaco all’ultimo minuto.

L’invito della destra alla pubblica opinione a non avere fretta suona un po’ stravagante: è appena iniziato marzo, le elezioni sono a giugno, e la coalizione che spera di conquistare Palazzo Vecchio non ha ancora detto se il candidato sarà Eik e Schmidt, che nel frattempo ha ottenuto quel che gli premeva, cioè diventare direttore di un altro museo in Italia, oppure uno a caso tra i capi dei partiti locali.

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