PATRIK PUCCIARELLI
Cronaca

"Filiera corta, basta scuse". La Cgil fa il punto sul marmo e chiede limiti all’escavazione

Un convegno a palazzo civico in cui si sono ripercorse le lotte per i diritti

"Filiera corta, basta scuse". La Cgil fa il punto sul marmo e chiede limiti all’escavazione

"Filiera corta, basta scuse". La Cgil fa il punto sul marmo e chiede limiti all’escavazione

Il punto della situazione a un anno dalla firma dell’integrativo provinciale del lapideo quello per ‘Lavorare meno, lavorare meglio’. Riparte da qui, dalle parole d’ordine di protesta che tanto avevano rieccheggiato tra le bancate. L’incontro, presente la sindaca Serena Arrighi, il segretario della Cgil regionale, Rossano Rossi , il vertice provinciale Nicola Del Vecchio e il segretario nazionale Fillea, Alessandro Genovesi che ha descritto l’integrativo come "un modello da esportare a livello nazionale", ha ripercorso la battaglia di un anno fa. L’accordo ha visto l’introduzione di un meccanismo che permette di ridurre l’orario di lavoro con un pacchetto di 32 ore in cava e 16 al piano nella cornice di una strada che " ha tratteggiato un percorso che deve continuare - ha detto Del Vecchio –. Un anno fa abbiamo deciso con molta tenacia e, a mio avviso anche dimostrando coerenza e visione, di cambiare il paradigma, un cambio di prospettiva totale mosso dal movimento dei lavoratori più di 2mila interessati dall’accordo. Un importante passo avanti dove abbiamo sostenuto e continuiamo a sostenere con forza la necessità di una diversa redistribuzione della ricchezza". Con l’avvento tecnologico i ritmi di produzione e di escavazione sono aumentati e questo "oltre a determinare gravi conseguenze dal punto di vista paesaggistico e ambientale, ha prodotto solo vantaggi e guadagni che sono andati a favorire la sola parte imprenditoriale, garantendo utili da capogiro - sempre il segretario provinciale della Cgil -. Pretendiamo che ci siano ricadute positive dal punto di vista della qualità del lavoro, dei salari dei lavoratori, dei loro diritti e della salvaguardia di salute e sicurezza". Applicazione della legge regionale 35, tuona poi il grido del sindacato, quella che impone l’obbligo di lavorazione sul territorio di almeno il 50% del materiale escavato "su questo non possono esserci più rinvii e mancanza di chiarezza - ha concluso Del Vecchio -. Stiamo parlando di utili che superano i 100milioni di euro annui, non è certo un settore in crisi per questo si deve iniziare concretamente a parlare di riduzione e contingentamento dell’escavato. Serve inoltre un marchio del marmo che consenta una vera tracciabilità del prodotto perché lavoro e ambiente non possono essere messi in contrapposizione. Il marmo oltre ad essere un bene comune è anche una materia finita che necessita di essere regolamentata e non lasciata in mano alle leggi del mercato".