Carramba che mostra! Lo “show” degli abiti della Carrà esposti al Giglio

Resterà aperta fino al 24 maggio al teatro l’esposizione ‘Com’è bello far la moda’. L’evento inaugura e anticipa la settimana della moda Lucca Fashion Week(end)

La mostra (foto Alcide)

La mostra (foto Alcide)

Lucca, 19 giugno 2023 - Si intitola ”Com’è bello far la moda” la mostra dedicata agli abiti di scena di Raffaella Carrà, inaugurata ieri al teatro del Giglio di Lucca e visibile fino fino al 24 giugno. L’iniziativa si è aperta alla presenza del sindaco Mario Pardini con l’assessore Paola Granucci, che ha coordinato in prima persona il calendario e le attività, gli assessori Moreno Bruni, Mia Pisano, Remo Santini, la vice presidente della Fondazione Banca del Monte Silvia Del Carlo e Giorgio Lazzarini, presidente del Teatro del Giglio.

La mostra inaugura e anticipa Lucca Fashion Week(end), evento coordinato dall’amministrazione comunale dedicato alla moda ed al costume. Manichini, abiti di scena e bozzetti, spiega una nota, per una mostra che racconta l’evoluzione del costume televisivo e lo stile di un mito senza tempo del varietà: Raffaella Carrà. Per omaggiare la regina dello schermo televisivo sono esposti la prima volta 30 costumi di scena, indossati da Raffaella nel corso della sua carriera artistica, che identificano le sue ricorrenti stilistiche, in un continuo susseguirsi fra costume e moda ed un look unico e sempre riconoscibile che ha anticipato le mode e dettato le tendenze. Gli abiti esposti, tutti creati da grandi professionisti dello spettacolo, sono stati realizzati tra il 1978, con il programma "Ma che sera" ed il 2008, con la quarta edizione di "Carramba che Fortuna".

Appartengono all’archivio privato di due salernitani: Giovanni Gioia e Vincenzo Mola che grazie alla loro passione per il collezionismo e per l’icona Carrà ne hanno raccolti 350. A completare l’iter di questo viaggio nello stile saranno esposte 30 riproduzioni di bozzetti, alcuni appartenenti all’Archivio del costumista Stefano Rianda, collaboratore di Corrado Colabucci.