"Paura? È umano averne. Ora saluterò Sollicciano"

Il pranzo a casa Gambelli: "Voglio congedarmi come si deve dai miei detenuti"

C’è la corrispondenza da controllare, una pila di lettere da aprire. Ma prima, il caffè. E’ stata una domenica dedicata agli affetti, quella che ieri don Gherardo Gambelli ha trascorso in famiglia. Il parroco originario di Castelfiorentino (e cappellano di Sollicciano), eletto arcivescovo di Firenze da pochi giorni, ha mantenuto la promessa e come da tradizione si è unito al pranzo con i genitori, i nipoti, la cognata e il fratello. In tavola piatti semplici anche se la domenica è più speciale di sempre, la prima da vescovo: pasta con panna, piselli e prosciutto cotto e una bistecca. "C’è la gioia di rincontrarsi, ma anche tanto fa fare. Bisogna organizzare i preparartivi per l’Ordinazione. E poi sono sempre parroco alla Madonna della Tosse. Vorrei avere il tempo di salutare le persone, preparare un discorso alla città". Don Gambelli parla a cuore aperto. "Se ho paura? E’ umano averne, la missione che mi aspetta è talmente grande che chiunque si troverebbe in difficoltà, ma sento molto la vicinanza degli amici preti, la gioia dei laici, delle parrocchie che mi sostengono. Le ansie bisogna gestirle guardando al Signore". C’è un via vai di amici e parenti in casa Gambelli. Si parla, ci si congratula, ci si confronta. "Il vescovo è chiamato ad essere garante dell’unità - commenta don Gherardo - Ho buone relazioni con imam, abbino e alcuni pastori delle chiese cristiane di Firenze. le religioni hanno un ruolo determinante per la pace. La pace si costruisce così, in maniera artigianale".

Tra le priorità in vista del 24 giugno, salutare i detenuti di Sollicciano perché "da vescovo sarà difficile entrare in carcere, ho a cuore questa realtà e vorrei congedarmi come si deve - continua don Gherardo - Si fa tanto per accompagnarli i carcerati, ma dopo? Secondo le stime le recidive dei reati superano il 75%, è importante cercare di aiutare chi spera in una seconda possibilità. Lo si fa stabilendo relazioni non giudicanti: solo l’amicizia evangelizza. In fondo, la persona è più grande dei reati che può aver commesso e la fede ha un grande importanza nel cammino di rieducazione". Dell’esperienza come missionario in Ciad, il ricordo è più vivido che mai. "In Africa ho capito il significato di resilienza. Seppur in povertà le persone sorridono, sanno sempre trovare la speranza, la forza di rialzarsi. Senza idealizzare la miseria, ma bisogna ricordarsi che la felicità è fatta davvero di poche, piccole cose".

Ylenia Cecchetti

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