LETIZIA CINI
Cronaca

L’arte devastata in un minuto "Era un cumulo di macerie ricostruire fu una sfida"

Un duro colpo al patrimonio architettonico: la Torre del Pulci andò distrutta . Al Discobolo strappati arti e testa. Cinquanta opere danneggiate, sette scomparse

di Letizia Cini

Trent’anni fa la mafia colpì al cuore anche il patrimonio artistico di Firenze: nella notte tra il 26 e il 27 giugno 1993 una bomba mafiosa uccise 5 persone, danneggiando parte degli Uffizi e sventrando l’Accademia dei Georgofili: il Fiorino imbottito di esplosivo era stato lasciato davanti all’ingresso secondario, l’edificio fu parzialmente distrutto, provocando la morte della famiglia del custode. Crollarono le volte, i solai, si deformarono le pareti, mandando quasi a collasso anche l’angolata sul “cortile delle caldaie”. La mattina dopo la Soprintendenza era già al lavoro: con loro Franco Scaramuzzi, presidente dell’Accademia dal 1986 al 2014. Dopo due anni di lavoro, la riapertura con il Capo dello Stato. "Non fu facile la decisione sul “come” ricostruire, soprattutto quella parete non più esistente - il ricordo di Francesco Gurrieri, accademico e architetto - . Quando proposi il principio di “conservare i segni della ferita per non dimenticare”, Scaramuzzi condivise e la Soprintendenza sposò la proposta". Da lì la ricostruzione dell’apparecchio murario da vecchie foto. Fu lasciato un piccolo “giunto” fra la parte non crollata e quella reintegrata.

La seconda testimonianza riguarda gli Uffizi e appartiene all’architetto Antonio Godoli, all’epoca dirigente dell’ufficio tecnico della prima galleria fiorentina. "Nella tiepida notte quasi estiva fra il 26 e il 27 maggio una grande esplosione sconvolse il centro di Firenze - raccontava a chi scrive - . L’alta colonna di denso fumo rossastro sopra i tetti degli Uffizi si diradò solo molte ore dopo, quando i vigili del fuoco spensero gli incendi". Dietro l’angolo della torre dei Pulci, un vuoto. Una parte della torre non esisteva più, trasformata in una montagna di macerie. "Con il soprintendente Antonio Paolucci e altri funzionari, camminando su una distesa di vetri rotti e detriti, ci inoltrammo in via Lambertesca e salimmo a piedi agli Uffizi - prosegue la ricostruzione di Godoli - . Nella penombra dello scalone vasariano che conduce in galleria, vedemmo una miriade di vetri infranti.

Miracolosamente la Madonna col collo lungo del Parmigianino, priva di protezione, era rimasta intatta: "Ma poco più oltre la grande tela di Sebastiano del Piombo con la Morte di Adone mostrava un lungo squarcio provocato dai vetri della finestra".

Il primo segno dei danni subiti dal patrimonio pittorico. "Quelli più gravi li scoprimmo oltre la porta della scala che scende al Corridoio vasariano - le parole dell’architetto Godoli che sulla tragedia ha scritto su La Nuova Antologia - . La grande porta spinta dalla pressione dall’aria si era abbattuta sul Discobolo, strappandone gli arti e mozzandone la testa. L’Adorazione dei pastori dipinta da Honthorst detto Gherardo delle Notti sembrava irrimediabilmente perduta. Ancora qualche gradino, ed ecco il ritrovamento altri due quadri barocchi di cui è rimasto solo testimonianza fotografica: I giocatori di carte e Il concerto di Bartolomeo Manfredi".

"Fu una tragedia mafiosa che costò la vita a 5 innocenti, traumatizzò l’Italia intera e distrusse parte della Galleria e della sua inestimabile collezione - commenta il direttore degli Uffizi Eike Schmidt - Le ferite terribili inferte da quel vile attacco continuano a sanguinare, oggi come in quel giorno maledetto del 1993. Ci ricordano una lezione che tutti abbiamo il dovere di ribadire e mettere in pratica: mai abbassare la guardia contro le mafie". Sette le opere che non ci sono più, una cinquantina quelle danneggiate, tre le sculture. Grazie alla conformazione ad U dell’edificio vasariano i danni all’architettura sono stati recuperati e nulla della fabbrica degli Uffizi è risultato perduto. Rimarginate le ferite sulla torre del Pulci. Ma a ricordare la tragedia resta, amara, una lapide.

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