Doppia pista per l’omicidio, indagini al bivio

Spedizione punitiva o gesto d’impeto: solo l’autopsia potrà sciogliere i dubbi. I possibili risvolti dell’utilizzo di più coltelli.

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L’autopsia sul corpo di Fulvio Dolfi effettuata sabato non ha ancora svelato il mistero dei (tanti) colpi inferti al 62enne pregiudicato fiorentino massacrato a 62 anni nella sua abitazione di via Rocca Tedalda 135.

Rossella Grifoni, il medico legale incaricato dalla procura, si è riservata su questo specifico punto, specie in ordine alla grandezza delle lesioni, all’addome e alla gola. Chiaramente individuare i segni di due diverse armi da taglio, di due coltelli, configurerebbe uno scenario diverso. Di una vera spedizione punitiva, tesa a eliminare Dolfi per un motivo ancora sconosciuto, ma seguire la traccia della droga e dei grandi soldi che movimenta non è ipotesi peregrina. Altrimenti potrebbe ‘reggere’ l’ipotesi di un delitto d’impeto, al culmine di un ‘chiarimento’ , sempre motivato da qualcosa di grosso. Probabilmente.

I tanti, troppi fendenti – Stabilire le modalità di esecuzione di un omicidio brutale, di una efferatezza sconvolgente, un assassinio che inquirenti e investigatori hanno definito "una mattanza", serve a capire se è stato un delitto d’impeto, in cui il killer ha perduto completamente la testa. Oppure se l’omicida ha avuto ‘bisogno’ di infliggere colpi all’impazzata, a ripetizione, stante la strenua resistenza opposta da Dolfi.

Gli esami genetici – Il laboratorio di genetica forense, attraverso il consulente Nutini, incaricato dal pm Fabio Di Vizio analizzerà il materiale organico, subungueale, trovato sotto le unghie del pregiudicato ucciso e repertato dagli agenti della squadra sopralluoghi della Scientifica guidata sulla scena del crimine dalla dottoressa Caterina Oteri. Accertamento come da prassi: il materiale prelevato a campionato potrebbe consentire l’estrazione di un dna, far risalire a un profilo genetico diverso ovviamente da quello di Dolfi. Una sorta di ‘firma’ (non voluta, certo) dell’assassino, tale da orientare in maniera decisiva _ è questo l’auspicio _ l’indagine della squadra Mobile affidata dal magistrato inquirente agli investigatori del dirigente Antonino De Santis e del sostituto commissario Cosimo Toma, responsabile della Sezione Omicidi.

La data della morte – Il medico legale lo fa risalire a 36-48 ore prima del ritrovamento del cadavere, avvenuto giovedì mattina intorno alle 11. Procedendo quindi a ritroso, il delitto sarebbe avvenuto nella giornata di martedì. Forse la sera.

Ci sono testimonianze di vicini, ancora in corso di verifica, che parlano di "un gran baccano" sentito appunto martedì sera e _ purtroppo solo con il senno di poi _ attribuito alla lotta tra killer e vittima, prima di capitolare.

E’ decisivo fissare il momento più esatto possibile della morte del portiere della casa famiglia San Paolino di via del Porcellana, in modo da restringere il campo, le attenzioni, al traffico telefonico sui due (pare) cellulari della vittima recuperati dalla polizia durante l’accurato sopralluogo giudiziario nell’appartamento. La consulenza, importantissima, su questo fronte è affidata al perito Lo Cicero. Servirà a stabilire chi ha telefonato a chi, e messaggiato a chi, nei momenti a ridosso dell’ora dell’assassinio. O il giorno precedente. Quali apparecchi hanno ‘agganciato’ la cella che insiste su via Rocca Tedalda. Solo l’incrocio di questi e altri dati può portare a una svolta.

giovanni spano

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