Ambasciatori dell’accoglienza Ridateci i tassisti

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Segue dalla Prima

Giovanni

Morandi

Brontolavano e ce l’avevano in genere con quelli che si lamentavano perché non trovavano vetture. "Siamo anche troppi!". E si sfogavano col cliente appena salito

come se fosse colpa sua.

Così andavano le cose e a guardarsi indietro si vorrebbe tornare proprio a quei tempi, quando i tassisti si lamentavamo anche senza averne motivo. Ora invece poveretti non si lamentano

ma ne avrebbero di ragioni. Invece pare abbiano perso

la parola, quando ci sali sopra sono diventati gentili, perfino troppo, si sono trasformati.

Li vedi in coda nelle piazze

che sono piene di taxi.

Non s’erano mai visti tanti tassisti fermi ad aspettare

uno che passi, una chiamata. Stanno lì a parlare a bassa

voce tra loro, tanto per passare il tempo. Ma con i clienti

non si lamentano più. Questione di orgoglio

e di carattere. Qualcuno

ha messo sul cofano

del taxi la scritta: abbiamo vinto la guerra e l’alluvione, vinceremo anche il covid.

Solo che prima a volte erano insopportabili e ora invece mette tristezza a vederli

in questo modo. Loro,

che sono sempre stati

il termometro della città,

che sanno sempre tutto

e lo sanno prima degli altri perché i clienti salgono

sul taxi e si confessano.

Peggio dei preti. Ma ora

hanno perso il polso

anche loro. Passerà. Perché

li vogliamo come erano.

Beceri e nevrastenici

non mogi ed educati.

E soprattutto a girare come trottole. Come erano

abituati a fare.

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