Giovani e precari. I senza diritti uccisi dal lavoro

Luana, Samuel e gli altri

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

La direttrice de La Nazione Agnese Pini

Firenze, 9 maggio 2021 - Ho sentito dire, in questi giorni: non ci sono morti di serie A e morti di serie B. È vero, non ci sono. Le morti sul lavoro, tutte le morti sul lavoro, dovrebbero suscitare lo stesso sdegno, occupare gli stessi spazi sui giornali, innescare gli stessi moti di solidarietà, dolore, indignazione. È vero. E allora perché Luana D’Orazio e Samuel Cuffaro hanno provocato tanto clamore? Perché di loro si è parlato più che di altri, in un Paese in cui le morti bianche sono una strage dai numeri impressionanti e quasi sempre silenziosi (oltre 190 vittime da inizio anno, una media di due al giorno)?

Molti hanno sentenziato: Luana era giovane e bella, per questo è stato più facile commuoversi per lei che per chiunque altro. Può darsi che in parte sia vero, le corde emozionali dell’opinione pubblica vibrano con maggior vigore davanti a storie come quella di Luana, uccisa a 22 anni mentre faceva l’operaia in una fabbrica tessile, risucchiata dai rulli dell’orditoio. O davanti a storie come quella di Samuel, che di anni ne aveva 19, era uno studente lavoratore impiegato in una ditta di cannabis light che gli è esplosa addosso, letteralmente, lasciandolo sepolto sotto le macerie. Può darsi che sia vero, dicevo, che la gioventù e la bellezza riescano a indignarci con maggiore ardore. Ma le storie di Luana e di Samuel raccontano molto di più, e per questo devono farci tanto più riflettere, e per questo non devono essere a loro volta seppellite e poi cancellate dalla cronaca, quando la marea emozionale avrà lasciato spazio alla solita risacca di indifferenza.

Raccontano di contratti di lavoro inadeguati: Luana lavorava come apprendista, da oltre un anno, e questo significa che guadagnava meno di mille euro al mese. Samuel invece aveva un contratto a chiamata, con ancora meno tutele. Contratti che rappresentano la quotidianità, la normalità, se non talvolta già un lusso per chi oggi si affaccia sul mondo del lavoro. Raccontano, le storie di Luana e di Samuel, di un Paese in cui da troppi anni assistiamo a un sistematico restringimento dei diritti dei lavoratori, dopo una lunga stagione di conquiste sociali e sindacali. Si è persa, nel nome di un mercato del lavoro oggettivamente sempre più difficile, parcellizzato e precario, la consapevolezza delle tutele che spettano a ciascuno di noi, nella sostanziale indifferenza della classe politica, e nella sostanziale impotenza dei sindacati. E allora ben vengano l’indignazione, le lacrime, la commozione per Luana e Samuel, giovani e belli: ben vengano, se riusciranno a lasciare qualcosa, a smuovere le coscienze e non solo le lacrime. A creare intanto una consapevolezza, ancora troppo timida nella società civile, che dal lavoro, e dai diritti del lavoro, passa tutto. Passa il benessere, passano le speranze, passa la cultura. Passa, soprattutto, la libertà.