Il Mediterraneo, interpretare un mare agitato dalla storia. Città a confronto in "Medì"

Andrea Riccardi: "Avanti con lo ius scholae. Atto di giustizia dare cittadinanza ai bambini"

Medì "le città hanno un'anima: Mediterraneo, un mare agitato dalla storia" (di M. Angioli)

Medì "le città hanno un'anima: Mediterraneo, un mare agitato dalla storia" (di M. Angioli)

Livorno, 3 giugno 2022 - Relazioni positive e amichevoli, non confidare troppo su un'immagine di Mediterraneo che non corrisponde più al presente. Oggi il Mediterraneo ha diversi muri ed è un cimitero per tanti migranti che non hanno raggiunto alcuna sponda. Ci vuole una sorta di Piano di ripresa e resilienza delle Città del Mediterraneo che non si tirano fuori dalla storia, anzi forse più di altre sono costrette ad uscire, a guardare oltre sé, a comprendere le migrazioni che portano la Storia nei porti e da lì nei Paesi.

A "Medì", un convegno internazionale della Comunità di Sant'Egidio, promosso con il patrocinio della Regione Toscana e del Comune di Livorno, in collaborazione con la Diocesi, l'Istituto Storico della Resistenza e della Società contemporanea e Cesvot, sono state chiamate a raccolta a Livorno le città mediterranee nel tempo della pandemia e della guerra, è stato fatto il punto sul ruolo delle Città in un tempo per tanti versi di erosione e anche di vuoto demografico, che ora si misura con la piaga devastante della guerra in Ucraina. Ma la guerra non è l'ultima parola e ci sono diversi possibili livelli di intervento che possono essere colti.  L'Ucraina non è una storia lontana. È una storia europea e mediterranea perché il Mar Nero è connesso al Mediterraneo (il mar Bianco).

Nel Mediterraneo e nei Paesi che si affacciano su questo mare, sono prò cresciuti i muri, avverte Andrea Riccardi, storico e fondatore della comunità di Sant'Egidio, ex ministro dell'Integrazione e della Cooperazione internazionale. Sono anche muri di indifferenza. Si è voltato lo sguardo da un'altra parte davanti alla Siria, il cui conflitto è stato prova generale della guerra in Ucraina. Pandemia e guerra in Ucraina hanno rivelato anche una dimensione transnazionale, tra la casa digitalizzata e il mondo intero. Questa dimensione è già nelle nostre scuole, tra i bambini. Eppure "non è arrivato ancora in porto lo ius scholae - spiega Riccardi - Non possiamo accettare un apartheid dei bambini. Dare loro la cittadinanza è un atto di giustizia".

"Non cadiamo nella postura di chi teme il contagio", continua Riccardi. Possiamo connettere le città, le culture e far crescere una volontà comune di stare insieme. Le Città hanno funzione di connettere. In questo contesto fa bene a tutti pensare che si nasce nella geografia che può essere per alcuni grazia e per tanti condanna. Si può ridurre lo scarto. Perciò rimettersi in contatto dopo la pandemia è già fare una politica costruttiva. Muoversi in questa direzione a partire dal Mediterraneo è un segnale decisivo perché in questo mare "nessuno può pensare a se stesso".

Per il Presidente della Regione Eugenio Giani il Mediterraneo dei popoli e delle città dona linfa a un'Europa che può essere capace di interloquire su scala globale. Giani utilizza un'immagine efficace per evidenziare la forza delle città mediterranee nel fermare quel nemico della civiltà che è l'intimidazione mafiosa. La civiltà del Mediterraneo, infatti, è quella che sapeva costruire torri solide, come quella del Pulci, che ha bloccato l'onda d'urto dell'esplosione in via dei Georgofili a Firenze. Senza di essa sarebbero state provocate forse altre vittime e perdite irreparabili agli Uffizi.

Ma quell'esplosione rimanda anche alla disgregazione degli interessi comunitari. Le città che hanno a cuore tutto questo sono l'alternativa. Quello "delle città che vogliono vivere è un contesto che Sant'Egidio riesce a interpretare al meglio, a partire dai poveri, per fare crescere la civiltà tutti uniti senza lasciare indietro nessuno", in continuità, per molti versi con l'intuzione e il lavoro di Giorgio La Pira che avviò i Colloqui Mediterranei e poi diventò presidente della Federazione mondiale delle città gemellate, fino a presentarsi, in suo nome, come mediatore per il conflitto in Vietnam.

Il sindaco Luca Salvetti ha parlato di Livorno come una città di "lacrime e sorrisi", di passioni, "una città capace di trovare nel tratto del diverso qualcosa da condividere". Esempio recente l'accoglienza ai profughi ucraini. Tante le città e le realtà toccate dagli sconvolgimenti della storia rappresentate a Medì. Malta, ad esempio, dove la ricerca di giustizia per l’omicidio della giornalista Daphne Caruana Galizia ha condotto nelle piazze dell’isola una folla di gente che ha costretto alle dimissioni il primo Ministro Joseph Muscat, a causa del coinvolgimento nell’assassinio di suoi stretti collaboratori. Ne ha parlato Manuel Delia, giornalista, che ha investigato sul suo omicidio, assieme alla famiglia di Daphne.

Di Beirut, devastata dall’esplosione che ne ha deturpato il porto, simbolo della profonda crisi politica, economica e sociale che la città vive, ha parlato l'architetto Mazen El Murr. La voce di Tunisi, che fatica a riprendere in mano il proprio destino dopo la Primavera araba e l’emanazione della nuova Costituzione e la cui popolazione vede ancora nell’emigrazione un’opportunità di vita, è stata portata a Medì da Rachid Nasri (insegnante).

Lesbo, ponte tra est ed ovest, meta di più visite da parte di Papa Francesco per mettere al centro il dramma delle morti in mare nei viaggi della speranza, è l’agognato traguardo di tanti profughi che salpano dalla vicina Turchia. L'isola è divenuta simbolo dell’accoglienza grazie a personalità come Philippa Kempson con il suo 'The Hope Project', ma è anche espressiva di contraddizione, per l’istinto al respingimento e all’isolamento nei campi profughi della parte più impaurita della popolazione locale ed europea.

Cagliari ha portaro a Medì l’esperienza di città dell’accoglienza attraverso la storia di Caterina Di Bella, presidente dell’associazione Co.sa.s., che ha svolto anche un instancabile lavoro di integrazione nella città sarda. Da Barcellona, centro cosmopolita della Catalogna in Spagna, in cui arte e architettura (rappresentate mirabilmente nella Sagrada Familia di Anton Gaudì) si coniugano a una sostenibile mobilità metropolitana e portuale, è intervento lo storico Antoni Nicolau Martì.

Salonicco, la storica città greca che si affaccia sull’Egeo con le sue contraddizioni e la fatica a rialzarsi da una crisi troppo lunga, è stata rappresentata da un altro storico, Vasilios Milios. Siracusa, con la voce di Vito Martelliano, ingegnere, ha espresso la sua vocazione di città inclusiva fin dall’antichità e tanto più nell’oggi della storia.

Infine la città di Livorno, anch’essa in uscita dai due anni della pandemia e impegnata a rialzarsi dalle difficoltà, ha avuto la voce della professoressa Lucia Frattarelli Fischer. Alle tavole rotonde hanno preso parte anche due testimoni provenienti da Egitto (Alessandria) e Pakistan e che vivono ora in Toscana: Mohammed Abou El Ela e Waheed Nasir. Dallo Yemen Hamdan Al-Zeqri.