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Premio Ischia, Zahra Ahmadi: "In Afghanistan per le donne è la morte della speranza"

L’attivista afghana, a cui è stato assegnato il Premio Ischia per i diritti Umani, ha spiegato i suoi timori per le donne del suo Paese

Zahra Ahmadi

Firenze, 4 settembre 2021 - È un’intensa due giorni quella che segna la quarantaduesima edizione del Premio Ischia Internazionale di Giornalismo, prestigiosa manifestazione italiana dedicata all’informazione, alla comunicazione che ieri 3 settembre, e oggi 4 settembre, si tiene a Lacco Ameno. In questa quarantaduesima edizione, si è voluto accendere un focus sull’attualità e sui diritti umani, con il conferimento del Premio Ischia per i diritti Umani, in collaborazione con l’associazione Cultura Italiae, a Zahra Ahmadi, trentaduenne impegnata coraggiosamente da tempo nella difesa dei diritti femminili in Afghanistan.

Ed è con il viso solcato dalle lacrime che l’attivista afgana ha spiegato i suoi timori per le donne del suo paese: “Per le donne dell’Afghanistan impegnate nella lotta per i diritti civili – ha detto - la cosa peggiore adesso è la morte della speranza. In questi giorni quando riesco a parlare con alcune di loro percepisco forte il sentimento di impotenza e rassegnazione ed in qualche caso mi confessano apertamente di pensare al suicidio”. Zahra Ahmadi lo scorso 14 agosto aveva partecipato ad una manifestazione di protesta contro l’avanzata dei talebani, ma subito dopo l’ingresso dei miliziani a Kabul si era dovuta nascondere in un appartamento ed è riuscita a salvarsi solo grazie al ponte aereo organizzato dalla Farnesina con l’Aeronautica Militare.

“Quando ormai non avevo più speranze – ha spiegato la vincitrice del Premio Ischia per i diritti umani - il console italiano in Afghanistan Tommaso Claudi e mio fratello Hamed mi hanno contattato e sono riuscita a lasciare il mio paese ed a salvarmi la vita. Ma sono angosciata per chi è rimasto. Se arriviamo ad essere prigioniere a casa nostra, se le mura delle nostre abitazioni diventano una gabbia, questo per noi è inaccettabile e non possiamo pensare ad un futuro così, senza la libertà che avevamo. Meglio suicidarsi, allora, che restare in queste condizioni”. Il Premio Ischia per i diritti umani negli anni scorsi è stato assegnato alla giovane fotoreporter yazida Zina Salim Hamu, testimone degli orrori della guerra siriana, e ad altri vari esponenti del mondo dell’informazione, dal premio nobel Svjatlana Aleksievic, alla giornalista messicana Lydia Cacho Ribeiro, dall’esule cubano Armando Valladares, alla memoria del giornalista pakistano Syed Saleem Shahzad.

Maurizio Costanzo