Il filo sottile della fiducia tra cittadini e istituzioni

Si continua a parlare di emergenza sanitaria ma quello che doveva emergere è emerso ormai da tempo

Pecore elettriche

Pecore elettriche

Firenze, 11 aprile 2021 - L’anno pandemico è lunghissimo. Il primo lockdown, senza zone colorate ma con divieti rigidi imposti a colpi di elicotteri della Guardia di Finanza immortalati da Barbara d’Urso, alla ricerca di improbabili O.J. Simpson nostrani sulle spiagge di Jesolo, era drammatico e grottesco. Tutto chiuso, ma con Beppe Conte in conferenza stampa annunciata alle 20:20 (ma poi puntualmente in ritardo) a darci dettagli inutili sulle toelettature che poi dovevano essere precisati da imprecise Faq sul sito del Governo, diventate in breve tempo fonte di diritto primaria. Non puoi andare in giro. Chi lo dice? Lo dicono le Faq. Ah, beh. Faq you.

Un anno dopo siamo sempre qui, ma con le zone colorate (la Toscana diventa arancione tranne Firenze e Prato ma resta comunque in zona Giani) e i lockdown finti; con le mezze riaperture e le mezze richiusure e il numero di morti che resta altissimo. Ci sono però i vaccini, che è una grandissima differenza rispetto a prima. Anzi, è l’unica differenza che conta. Basta vedere Israele, dove le persone hanno ricominciato ad andare ai concerti (seppur contingentati). Organizzazione e vaccinazione, e via. Basta vedere l’Inghilterra. Stai a vedere che aveva ragione lo sbertucciato Boris Johnson, trattato come lo scemo del villaggio. Negazionista all’inizio, poi ha preso il Covid e s’è reso conto di che cosa servisse davvero per uscire dalla pandemia. Qui invece abbonda la rassegnazione mista a rassegnazione. Si spera in improbabili salvatori della patria, ma è sbagliato - lo era fin dall’inizio - affidarsi a Mario Draghi come se da lui dipendesse il nostro destino, specie in società complesse e interconnesse come la nostra. Si continua a chiamarla emergenza sanitaria, ma non è più un’emergenza: quello che doveva emergere è tutto emerso, dopo un anno. Altre emergenze sono in corso, quelle sociali ed economiche. C’è anche un’emergenza psicologica, basta leggere le storie sui ragazzi e le ragazze chiusi in casa alle prese con la didattica a distanza. Eppure, nonostante questo, continuiamo a leggere annunci. Trecentomila vaccini al giorno, cinquecentomila vaccini al giorno. Anche l’assessore regionale alla Salute Simone Bezzini - la cui presenza nella giunta regionale con quel ruolo è tutt’ora oggetto di speculazione filosofica - si è aggiunto alla folta schiera: «La campagna vaccinale toscana procede su tre grandi filoni: il completamento degli over 80, la priorità per la fascia di età tra 70 e 79 anni con Astrazeneca e portare avanti con Moderna e Pfizer la vaccinazione degli estremamente vulnerabili. Con l’obiettivo di arrivare a maggio a mettere in sicurezza almeno il 30 per cento della popolazione toscana». La speranza (non Roberto) è che abbia ragione, naturalmente, ma perché continuare a dare i numeri? La fiducia fra istituzioni e cittadini è un filo che rischia sempre di spezzarsi. Da un anno è ancora più fragile. E più passano i giorni, i mesi, più il filo si assottiglia.

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