
Un carcere (Foto Ansa)
Firenze, 15 giugno 2025 – Soltanto pochi giorni fa è finito recluso a Sollicciano – il carcere di Firenze noto per la fatiscenza, il sovraffollamento, i topi e i parassiti vari che assillano chi lì sconta la pena – un novantaquattrenne condannato per frode fiscale. Il sistema carcerario poi ha posto rimedio, con giorni di attesa, a una scelta che ha destato proteste e sbigottimento generale. Ma com’è stato possibile? Sono trascorsi anni, nonostante tante belle parole, annunci e promesse, senza che l’amministrazione carceraria riuscisse a trovare una soluzione per mettere mano a una struttura, quella di Sollicciano, che non è degna di tener fede al dettato della Costituzione.
Un dibattito acceso anima da tempo la politica e il mondo della giustizia. Si sono avvicendati ministri, si sono accumulate proposte – buttiamolo giù e ricostruiamolo nuovo, no, non è possibile per i costi eccessivi, ristrutturiamolo... se mai sarà possibile farlo – e tutto è rimasto lo stesso. Eppure, nella stessa Toscana il carcere, degradato e al limite del disumano, come quello di Sollicciano, convive con una delle più riuscite esperienze di detenzione che quello stesso dettato della Costituzione lo ha reso concreto, eccome.
“Le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”, è la frase dell’articolo 27 che campeggia quando si sbarca a Gorgona, l’isola carcere, un mondo a parte. Due universi paralleli che coesistono nella stessa regione. Nel capoluogo un penitenziario del quale non si può che vergognarsi, nella splendida isola-carcere circondata da un mare incontaminato un’esperienza per la quale non si può che essere orgogliosi. Una grande opportunità per chi deve finire di scontare pene lunghe. Se parlate con qualcuno di loro, lo sentirete dire: “Qui ho imparato abilità che prima non avevo. Vi faccio vedere: questa è la mia vigna. Tutta lavorata a mano. Ne faccio un bianco così buono... Con questa vigna non sono più, solo, la mia pena”.