Emergenza pandemia: impatto su natalità e nuove generazioni nel primo rapporto di ricerca

I risultati del primo rapporto di ricerca a cura del gruppo di esperti su demografia e Covid sono stati presentati online nell’evento organizzato con l’Istituto degli Innocenti e moderato dalla direttrice de La Nazione Agnese Pini, che ha visto la partecipazione della Ministra per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti

Giovani

Giovani

Firenze, 14 dicembre 2020 - Quali sono, ad oggi, le conseguenze e l’impatto dell’emergenza Covid su natalità e condizioni delle nuove generazioni? Per illustrare i risultati del primo rapporto di ricerca sulle conseguenze prodotte dalla crisi epidemiologica sulle nascite, sulla realizzazione dei progetti di vita da parte dei giovani e sulla condizione di benessere delle famiglie con bambini e adolescenti, curato dal gruppo di esperti su demografia e Covid-19, istituito dalla Ministra Elena Bonetti lo scorso mese di aprile e coordinato dal professor Alessandro Rosina, il Dipartimento per le politiche della famiglia, della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha organizzato un seminario online, moderato dalla direttrice de La Nazione, Agnese Pini, che ha avuto, in conclusione dei lavori, la partecipazione della Ministra per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti

E proprio per fornire indicazioni utili sul versante delle policy, vengono seguiti i provvedimenti e le iniziative che possono sia ridurre le possibili conseguenze negative dell’emergenza sulle persone e le famiglie, sia favorire una fase di rafforzamento dei progetti di vita e ripresa delle nascite nel nuovo scenario di sviluppo post Covid-19. Questo rapporto è il primo prodotto pubblico del lavoro svolto, reso disponibile sul sito web dedicato (http://famiglia.governo.it/demografia-e-covid-19/) assieme a continui aggiornamenti attraverso dati, resoconti delle ricerche in corso, risultati acquisiti. L’evento, organizzato in collaborazione con l’Istituto degli Innocenti di Firenze, dopo il saluto di Ilaria Antonini, consigliere, Capo del Dipartimento per le politiche della famiglia Presidenza del Consiglio dei ministri, ha avuto l’intervento del Coordinatore Alessandro Rosina, professore ordinario di demografia e statistica sociale Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. A seguire la presentazione del rapporto del gruppo di lavoro, coi relatori Sabrina Prati, dirigente Servizio registro della popolazione, statistiche demografiche e condizioni di vita, Istat e Alessandra De Rose, professoressa ordinaria di demografa Università degli studi di Roma La Sapienza. Si è poi approfondita la situazione internazionale in materia di dinamiche demografiche con Anna Cristina D’Addio, Senior Policy Analyst – GEM Report, ed Elena Ambrosetti, professoressa associata di demografia, Università degli studi di Roma “La Sapienza”. Poi la tavola rotonda con gli interventi di Lucia Abbinante, direttore generale, Agenzia nazionale per i giovani, Corrado Bonifazi, CNR - Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali, Gianluigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari, Sandro Gallittu, in rappresentanza di Cgil, Cisl e Uil, Lucia Scorza, Confndustria.

Dal dibattito è emerso che come conseguenza della pandemia di Covid-19, tutti gli aspetti della vita sociale ed economica sono stati vissuti nel 2020 in condizione di emergenza, come mai sperimentato prima dalle generazioni nate nell’Italia repubblicana. Ai rischi e ai timori per la salute si è subito aggiunto anche il disagio materiale  - sul fronte del lavoro, del reddito, dell’organizzazione familiare, e quello emotivo, legato alle difficoltà nelle relazioni sociali e all’incertezza nei confronti del futuro. La demografia è uno degli ambiti più colpiti dalla pandemia, non solo per l’effetto diretto sull’aumento della mortalità, ma anche per le conseguenze indirette sui progetti di vita delle persone. Persone e famiglie sono proiettate in uno scenario nuovo che richiede un attento monitoraggio di come viene vissuta la realtà con cui si confrontano e di come evolve il sistema di rischi e opportunità all’interno del quale si collocano le loro scelte e i loro comportamenti. È indispensabile, allora, poter disporre di adeguate ricerche e analisi in grado di fornire il supporto conoscitivo necessario per politiche mirate, che consentano all’Italia di riprogettarsi e favorire un’apertura positiva e vitale dei propri cittadini verso il futuro. In questa prospettiva si colloca il Gruppo di esperti sul tema “Demografia e Covid- 19 istituto dalla Ministra per le pari opportunità e la famiglia, composto da una rete di studiosi che mette assieme mondo accademico, istituti e centri di ricerca italiani e internazionali. L’insieme delle attività svolte dal Gruppo mira al triplice obiettivo di: consentire al dibattito pubblico di avere riferimenti empirici solidi e aggiornati sull’impatto demo-sociale della pandemia; offrire alla comunità scientifica un panorama delle attività di ricerca in corso; fornire indicazioni utili sul versante delle policy. Il quadro restituito evidenzia un forte dinamismo in termini di ricerche e analisi, sia in Italia che all’estero, relative all’impatto della pandemia sulle famiglie, sulle nuove generazioni, sulla conciliazione dei tempi di lavoro e di vita, sulla dimensione materiale e psicologica. Le prime evidenze disponibili mostrano il prevalere di una combinazione di difficoltà e incertezza che tende ad indebolire le scelte di impegno positivo verso il futuro, in particolare quella di avere un figlio.

La demografia è dunque uno dei principali ambiti colpiti dalla pandemia, sia per l’effetto diretto sull’aumento della mortalità, sia per le conseguenze indirette sui progetti di vita delle persone. Inoltre, come ben noto, la situazione del nostro paese risultava su questo fronte già da molto tempo particolarmente fragile e problematica. Il maggior invecchiamento della popolazione ci ha resi maggiormente esposti alla letalità del virus. Il rapporto ha evidenziato che i fragili percorsi formativi e professionali dei giovani in Italia (soprattutto se provenienti da famiglie con medio-basso status sociale), i limiti della conciliazione tra vita e lavoro (soprattutto sul lato femminile), l’alta incidenza della povertà per le famiglie con figli (soprattutto oltre il secondo), con il contraccolpo della crisi sanitaria rischiano di indebolire ancor di più la scelta di formare una propria famiglia o di avere un figlio.  Anche l’aumentato del senso di incertezza va in tale direzione. E solo attraverso adeguate ricerche e analisi è possibile fornire il supporto conoscitivo necessario per politiche mirate che consentano all’Italia di riprogettarsi e partire in modo nuovo, favorendo un’apertura positiva e vitale verso il futuro. Per quanto riguarda nello specifico i contenuti del rapporto, esso è diviso in due parti. La prima è dedicata al quadro italiano, mentre la seconda offre uno sguardo a livello globale. Il primo capitolo restituisce un ritratto della condizione del paese prima e durante la crisi sanitaria attraverso i dati Istat, ovvero in base alle informazioni solide messe a disposizione della statistica ufficiale. Riguardo alle nascite, i dati parziali dei primi otto mesi dell’anno evidenziano già una riduzione di oltre sei mila e quattrocento nati rispetto allo stesso periodo del 2019. Questo significa che, al netto della pandemia, nel 2020 si preannunciava già una ulteriore diminuzione della natalità. Di particolare rilevanza, per le ricadute sulla scelta di avere un (altro) figlio, sono anche i dati sull’occupazione, sulle prospettive di stabilità dei percorsi professionali e sulle possibilità di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro. Nel II trimestre 2020 il tasso di occupazione femminile risulta sceso al 48,4%, consolidando la distanza rispetto alla media europea ma anche accentuando il divario di genere nel nostro paese (la distanza rispetto all’occupazione maschile è salita da 17,6 punti percentuali dello stesso trimestre del 2019 a 18,2). Si allarga anche il divario tra le generazioni. Sempre prendendo a confronto secondo trimestre 2020 rispetto all’anno precedente, si osserva una riduzione del tasso di occupazione pari a -0,8 punti percentuali in età 50-64 anni, di -1,6 nella fascia 35-49, di -3,5 in quella 25-34 anni ( -3,2 in quella più ampia 15-34).

A essere più colpita risulta quindi essere la classe che già risultava con più ampio divario rispetto alla media europea, ma anche quella più delicata per la costruzione dei progetti di vita. Per chi, invece, ha già un lavoro e ha già formato una famiglia con figli, si è prodotto un sovraccarico nel periodo di didattica a distanza (per il venir meno dei servizi per l’infanzia e del possibile aiuto dei nonni imposto dal distanziamento fisico). Difficoltà e complicazioni che frenano la scelta di avere un ulteriore figlio. Il secondo capitolo riporta i risultati della prima indagine in Europa (condotta da Istituto Toniolo e Ipsos) al fine di esplorare come i giovani (in età 18-34 anni) hanno vissuto la condizione di lockdown a primavera 2020 e quali conseguenze si attendono sui propri progetti di vita. Tra i cinque maggiori paesi presi in considerazione, la preoccupazione maggiore risultava quella manifestata dagli italiani e dagli spagnoli (oltre il 40% degli uomini ed oltre il 50% delle donne percepiva come a rischio sia il proprio lavoro che il reddito individuale e familiare, più bassi ma comunque rilevanti anche il dato di francesi, britannici e tedeschi). L’indagine replicata ad ottobre, poco prima dell’inizio della seconda ondata, risulta confermare tali preoccupazioni, soprattutto sull’impatto della pandemia nella riduzione sensibile delle opportunità di trovare o cambiare lavoro (negativo per il 52% delle donne e il 44% degli uomini). Riguardo ai progetti di vita, nell’indagine di marzo a rispondere di vederli più a rischio rispetto a prima della pandemia erano il 62% dei giovani italiani, il 59% dei coetanei spagnoli, il 53,9% dei britannici, il 45,8% dei francesi e il 42,5% dei tedeschi. Quindi una preoccupazione ampia in tutta Europa ma con una differenza di 20 punti percentuali tra Italia e Germania. Ad ottobre, a rispondere di vedere a rischio i propri progetti di vita erano ancora ben il 55% dei giovani italiani. Alla domanda più specifica sulla scelta di concepire e avere un figlio, tra chi progettava ad inizio 2020 di concepire/avere un figlio entro l’anno a confermare tale volontà a marzo era il 44,4 percento, mentre la maggioranza dichiarava di posticiparla all’anno successivo (29,4%) o di rinunciare a riprogrammare per ora tale scelta (26,3%). Ad ottobre la situazione non risulta migliorata, se non per una tendenza più a posticipare (36,6%) che a bloccare in modo indefinito la decisione (21,2%). La stessa indagine evidenzia inoltre un effetto negativo dell’incertezza occupazionale e reddituale sulle intenzioni di fecondità dei giovani. I concepimenti del 2020 sono oramai un dato di fatto di cui prenderemo atto in termini di natalità osservata nel 2021. Ma la storia del 2021 è ancora tutta da scrivere ed è quindi da vedere come gli italiani e le nuove generazioni saranno messi in grado di interpretarla come base di partenza per un nuovo progetto di crescita del paese al quale contribuire con le proprie scelte positive. Il terzo capitolo fornisce una panoramica delle principali ricerche che da marzo si sono susseguite nel nostro paese, riportando i principali risultati finora emersi. L’attesa generale è di un impatto nel complesso negativo sulla fecondità sia per le difficoltà oggettive direttamente derivanti dalle misure di contenimento dell’epidemia (economiche e di organizzazione quotidiana), sia per l’accresciuto senso di insicurezza, che più dura e scende in profondità e più rischia di indebolire l’assunzione di scelte vincolanti che impegnano per il futuro (in particolare avere figli e matrimonio). Infine, anche il clima familiare e di coppia può risentire negativamente delle difficoltà e del clima di incertezza, con conseguenze sui rapporti interni. Molte ricerche documentando un aumento di stanchezza, di insoddisfazione e stress, di dissidi e anche violenze nella coppia. Tra i giovani gli stati d’animo negativi aumentati sono soprattutto ansia, frustrazione e timori per il futuro. Chiude la prima parte una appendice che riporta i risultati di un sondaggio condotto nell’ultima settimana di novembre 2020 sui docenti universitari di demografia (professori e ricercatori) e altri esperti riconosciuti. I risultati ottenuti confermano un orientamento generale ad anticipare un effetto negativo. In particolare, a ritenere che il 2020 sarà caratterizzato da una sensibile riduzione dei concepimenti sono circa 3 intervistati su 4, solo poco più del 5% ritiene, al contrario, che ci sarà un incremento (per il 20% rimanente l’effetto è trascurabile). Per il 70 percento degli esperti è verosimile aspettarsi una riduzione sotto le 400 mila nascite nel 2021. Rispetto alle prospettive successive, circa la metà ritiene che nel caso di una piena applicazione del Famliy Act e di un adeguato uso dei finanziamenti di Next Generation EU la fecondità possa tornare a risalire. Si aggiunge un ulteriore 25 percento che pensa che tali misure riusciranno solo a evitare un ulteriore calo delle nascite. Infine, 1 su 4 è convinto che saranno inefficaci. Le maggiori incertezze sul Family Act riguardano i tempi di implementazione e realizzazione delle misure previste, oltre all’entità delle risorse che verranno effettivamente destinate. La seconda parte si apre con una rassegna delle principali ricerche a livello internazionale relativamente all’impatto della pandemia sulla fecondità. Uno dei maggiori aspetti indicati come potenzialmente positivi sulle nascite è il maggior tempo trascorso assieme dalle coppie durante il lockdown (sia per quelle che già vivevano assieme, sia quelle che avendo una relazione stabile vivevano per vari motivi a distanza e hanno deciso di convivere durante il lockdown), che però non sembra aver agito in modo rilevante all’interno di un clima generale negativo prodotto dall’emergenza sanitaria.

 

   

Maurizio Costanzo