Almanacco del giorno: 23 gennaio 1961, sfiorato l'olocausto nucleare su New York

E sempre il 23 gennaio, ma del 1994, a Roma si sfiorò la strage allo stadio Olimpico

Un aereo, New York

Un aereo, New York

Firenze, 23 gennaio 2022 - Il 23 gennaio può essere considerato il giorno delle catastrofi sfiorate. Se le cose fossero andate diversamente, sarebbero state colpite al cuore, anche se ad anni di distanza e per motivi diversi, due tra le città più importanti al mondo: New York e Roma.

Il 23 gennaio 1961 nella Grande Mela si sfiorò addirittura l’apocalisse, tra l’altro a pochi giorni di distanza dall’insediamento alla Casa Bianca del presidente Kennedy. Era accaduto che un bombardiere B52 aveva ‘perso’ in volo uno dei due ordigni atomici: per l’esattezza la bomba Mark 39 a idrogeno, 260 volte più potente di quella di Hiroshima. Un incidente che avrebbe potuto causare milioni di morti e spazzare via anche altre città come Washington e Philadelphia. Quando l’ordigno si sganciò dal velivolo, immediatamente si attivò il meccanismo di esplosione, e solo miracolosamente, grazie a un circuito difettoso che spense l’interruttore, la bomba non produsse un catastrofico olocausto nucleare nel cuore dell’America.

Roma, 23 gennaio 1994. Nel pieno della stagione degli attentati di mafia, che il 27 maggio 1993 aveva colpito al cuore anche Firenze e gli Uffizi con la strage di via dei Georgofili, Cosa Nostra aveva programmato un attentato nella capitale. Era domenica: nel giorno della partita Roma-Udinese, un’autobomba sarebbe dovuta esplodere in viale dei Gladiatori, all’uscita dello stadio Olimpico affollato da 44mila spettatori, dove si trovava un presidio dei Carabinieri. Anche in questo caso solo per fortuna l’ordigno non esplose: un malfunzionamento nel telecomando evitò l’ennesima strage italiana.

 

Nasce oggi

 

Stendhal, pseudonimo di Marie-Henri Beyle, nato il 23 gennaio 1783 a Grenoble. È stato uno dei più noti scrittori francesi. Nel 1817 nel libro ‘Roma, Napoli e Firenze’ scrisse: “Ero già in una sorta di estasi, per l’idea di essere a Firenze, e la vicinanza dei grandi uomini di cui avevo visto le tombe. Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle belle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, avevo una pulsazione di cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere”. Avvertì, e per la prima volta descrisse, quella che venne poi chiamata la ‘Sindrome di Stendhal’, nota anche come ‘Sindrome di Firenze’.

 

Maurizio Costanzo