"Transizione ecologica e digitale: ecco le sfide che attendono la Toscana nell’immediato futuro". Parola di Angelo Riccaboni, ordinario di Economia aziendale all’Università di Siena, di cui è stato rettore dal 2010 al 2016, nonché presidente della Fondazione Prima e del Santa Chiara Lab (Centro di Innovazione dell’Ateneo senese).
Professore, guerre e rincari di energia e materie prime stanno condizionando l’economia globale: qual è lo stato di salute della Toscana?
"La regione ha un sistema economico con settori particolarmente forti, che coprono il 7% del Pil nazionale. Mi riferisco alla Moda, alla Metalmeccanica, al Commercio e Turismo. Sono tre settori che ci qualificano insieme a quello orafo e del mobile. Le evoluzioni internazionali hanno inevitabili riflessi, ma oltre alla congiuntura sono in corso cambiamenti strutturali. I temi su cui riflettere sono la transizione ecologica e digitale in un contesto regionale caratterizzato da piccole e piccolissime imprese".
Questo può essere un ostacolo?
"La domanda è se riusciremo a cogliere le sfide e le opportunità di questi cambiamenti strutturali, ma solo tra dieci anni si capirà quali comparti ne usciranno vincenti e quali invece no".
Esempi?
"Nella Moda e nell’Agrifood la transizione, che deve essere ambientale e sociale, quindi ’giusta’, è più qualificante, perché i leader di filiera spingono i fornitori a seguire questa direzione. Nella Moda, che in Toscana assorbe il 5,3% degli occupati e il 2% in Italia, la transizione è sentita più che in altri comparti, perché si acquistano abiti e accessori per vivere un’emozione con il senso della sostenibilità. La stessa cosa vale nella Metalmeccanica, perché le grandi aziende a Firenze, Pistoia e Pontedera nel Bilancio 2024 per legge dovranno inserire il Report sulla sostenibilità".
Per la transizione ecologica e digitale sono necessari investimenti: il fatto che il tessuto produttivo toscano sia fatto di pmi può rallentare o frenare il cambiamento?
"Questo è il grande tema. La questione è culturale: gli imprenditori possono essere reattivi e avere una visione, ma è fondamentale il ruolo delle istituzioni, delle banche e dei commercialisti, primi supporti alle imprese. Serve un lavoro congiunto affinché la transizione non sia un onere".
Come si sta muovendo il comparto del Commercio e Turismo?
"Occupa il 17% della forza lavoro nella regione. La Toscana è un’icona globale di sostenibilità, quindi parte avvantaggiata soprattutto di fronte a un turismo internazionale, molto attento all’ambiente. Rispondere alle nuove esigenze può offrire opportunità ancora maggiori, incrementando i visitatori, i consumi e la stessa sostenibilità".
I punti di forza della Toscana?
"La forte connessione tra il prodotto e il territorio contro una globalizzazione sfrenata. Direi che il punto di forza della Toscana è... la Toscana. Lo stesso smart working permette di attrarre o mantenere competenze e cervelli nella regione. C’è poi il sistema di pmi, che nei decenni hanno dimostrato una notevole resilienza grazie alla specializzazione produttiva. Infine abbiamo quattro Università e tre centri di ricerca: la sfida è trasmettere i loro saperi e competenze sul territorio, ma serve anche un impegno di sistema".
I punti di debolezza?
"Sempre il tessuto fatto di pmi, penalizzate dalla forte dipendenza dal credito bancario e il fatto che un 1/3 delle aziende toscane è a rischio idraulico e ambientale. Un aiuto verrà dal Pnrr: in Toscana sono stati approvati 8mila progetti per 7,4 miliardi di euro. Il 30% di queste risorse verrà investito nella transizione ecologica: è un buon segnale".
Siena può avere un ruolo nelle sfide del futuro?
"Con le Scienze della vita e il settore vaccini ha un ruolo centrale così come con il Turismo e l’Agroalimentare".
Previsioni sull’economia toscana nel 2024?
"Dobbiamo creare le basi per una ripartenza più solida, puntando sul Pnrr e la consapevolezza delle opportunità insite nella doppia transizione".