Arezzo da linea del Piave

Una ripresa da squadra vera, la cura di Camplone si vede già

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di Salvatore Mannino

Qualche volta i punti, come le azioni di Cuccia, non si contano ma si pesano. E questo è un pareggio che vale, non quanto la quota di controllo di Mediobanca (che sarebbe troppo) ma insomma ci siamo capiti. Poteva essere la fine di tutto sullo 0-2, con l’Arezzo in balia delle folate del Matelica, mentre già i più pessimisti scommettevano su un Camplone che da allenatore vero mollava baracca e burattini, diventa (forse) l’inizio di un altro campionato. Nel quale non è detto che gli amaranto siano ancora il fanalino di coda, i peggiori in classe, i somari di Lucignolo e del paese dei Balocchi di Pinocchio.

Sì, perchè messa finalmente nelle mani di qualcuno che sa cosa sia fare il timoniere di una panchina, questa squadra ha tirato fuori i cosiddetti e anche un po’ di gioco. Il quarto d’ora d’avvio della ripresa, quello nel quale il Cavallino ha stretto alla gola i marchigiani e li ha costretti sulla difensiva, fino a rimontarli, resta negli annali come il primo, vero spezzone che la truppa abbia giocato. L’Arezzo, vivaddio, c’è e lotta insieme a noi, non è più la banda di fantasmi del giorno dei Morti che si era visto col Padova, debutto di un Camplone che non poteva in 24 ore dare la sua impronta ma che comincia a riuscirci (non vogliamo essere troppo ottimisti, ma la voglia c’è dopo tanto patire) in una settimana.

Dire che era cominciata al solito modo, con la banda del buco che si colpisce dove fa più male, alla Tafazzi. Dieci minuti di assaggio, nemmeno tanto male, e poi subito la squadra che arretra improvvidamente dinanzi all’arrembante Volpicelli e (guardalo tu che lo guardo io) gli lascia lo spiraglio per colpire da fuori area, a mezza altezza. L’errore che non si dovrebbe mai fare, segnato con la matita rossa in tutte le scuole scalcio (ora chiuse per Covid): rinculare senza andare a contrasto sul tiratore. Ancor peggio sul raddoppio: Pesentie Cherubin che si lasciano sorprendere dall’inserimento di testa di Cason.

Giusto il tempo di dire che Cherubin è come gli altri difensori che l’avevano preceduto, ma lui smentirà tutti con una partita nella quale, con qualche sbavatura, dimostrerà di essere il calciatore di serie A che è stato. Certo, questo reparto arretrato è ancora troppo fragile, ma conforta il netto miglioramento del secondo tempo. Le comunicazioni non funzionano ancora al meglio, troppe azioni di contrasto restano da Armata Brancaleone, ma pare un malato che esce dalla rianimazione del virus per tornare in reparto.

Il buono sta tuttavia e soprattutto lì davanti. Intendiamo nella fase offensiva, non solo in attacco. Pur schierato in maniera spregiudicata (ma mancavano le alternative), l’Arezzo combatte nella ripresa su ogni pallone, fino a conquistarsi undici calci d’angolo contro tre, che è segno di vigoria. Cerci gioca quasi da fermo, ma anche così resta giocatore di livello superiore. Un paio di sue uscite sono da applausi. Se Camplone riesce a restituirgli un pizzico di forma, è un lusso per la serie C. Pesenti ha meno classe e ancora poco fiato. Tuttavia anche su di lui si può sperare. Cutolo è Cutolo e non c’è da dir altro. Corre e lotta da capitano, svirgola sulla palla corretta in gol da Bortoletti, realizza il rigore con freddezza. In crescita anche Foglia.

Insomma, la situazione resta critica, ma siamo forse alla linea del Piave dopo la rotta di Caporetto. Basta per sperare?