Oro, lo spauracchio dei dazi di Trump: negli Usa export da 150 milioni

Diventano 200 milioni considerando anche gli affari con paesi "filtro" come Santo Domingo e Panama. "Le barriere avrebbero una ricaduta pesante"

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Arezzo, 13 marzo  2018 - La politica dei dazi di Trump non fa dormire sonni tranquilli nemmeno agli imprenditori aretini. In una provincia vocata all’export, come è quella aretina, la prospettiva dell’imposizione di dazi o di barriere tariffarie mette tutti in allerta. Parlando in euro, secondo gli ultimi dati disponibili abbiamo esportato verso gli Stati Uniti oro per circa centodieci milioni. Se a questi aggiungiamo anche quelli commercializzati con Santo Domingo e Panama, sorta di hub verso gli Usa, arrivamo a duecento milioni di euro di export.

Un mercato in espansione, pur avendo subito una flessione nel terzo trimestre dell’anno scorso. «Una imposizione di dazi o barriere tariffarie avrebbe un impatto preoccupante sulla nostra economia – spiega Giuseppe Salvini, segretario generale della Camera di commercio di Arezzo e commissario “ad acta“ per la fusione delle Camere di commercio aretina e senese. – Circa l’80% del nostro valore aggiunto provinciale, una sorta di Pil rapportato al territorio aretino, deriva dalle esportazioni.

Per il momento, si parla solo di dazi su acciaio e alluminio, in questo caso Arezzo non ne sarebbe toccata, anche se per il sistema Paese sarebbe un brutto colpo. Qualora il presidente degli Stati Unite decidesse di allargare il campo, toccando anche l’oro ad esempio, per noi sarebbe un bel problema. Proprio adesso che, secondo gli ultimi dati disponibili, il mercato verso gli Stati Uniti aveva ripreso una certa vivacità, al 1 gennaio 2017 l’export verso gli Usa aveva toccato i 148 milioni di euro».

Preoccupazione condivisa anche dal presidente della Camera di Commercio Andrea Sereni: «Seguiamo la vicenda con attenzione. Eventuali dazi toccherebbero, oltre a quello orafo, anche altri comparti attualmente in crescita, come quello agroalimentare. La nostra provincia ha relazioni commerciali molto buone con gli Stati Uniti, anche in considerazione del fatto che da molto tempo i nostri mercati storici di riferimenti sono allo stallo. Molte aziende si sono quindi affacciate sui mercati americani.

Bisognerà valutare anche un altro aspetto che finora non è stato adeguatamente tenuto in considerazione, a mio parere: qualora il mercato statunitense si chiudesse ulteriormente, anche la Cina si rivolgerebbe, mi verrebbe da dire ovviamente, soprattutto ai mercati europei. Quindi rischiamo di subire un’aggressione economica doppia, perché sul mercato arriverebbero prodotti simili a un prezzo molto inferiori.

Anche il gap qualitativo nel tempo si è ridotto. Qualcuno ha detto che con la mossa di Trump finisce la globalizzazione. Forse è il caso di rivedere anche noi le nostre politiche in tema di dazi ed esportazioni».

Per il presidente di Arezzo Fiere Andrea Boldi è difficile che, almeno nell’immediato, i dazi sulle importazioni di oro negli Stati Uniti siano inaspriti. «Questa circostanza - dice però - magari servirà a far sì che il sistema dei dazi venga affrontato di petto a livello europeo, visto che fino a questo momento l’Europa non si è mossa granché. Se il presidente Usa andrà avanti con i suoi propositi, sarà necessario rivedere l’intera politica dei dazi, a livello globale».