Il giorno della ripartenza: l'alba impaurita dopo il letargo tra parchi, traffico, autobus

Parchi aperti «a panche alterne». Gruppi al Pertini, caccia ai varchi a Villa Severi Serrati giochi e fontanelli. In stazione non si misura la febbre. Emozione al cimitero

La ripartenza in centro

La ripartenza in centro

Arezzo, 5 maggio 2020 - Gli ultimi untori sono rimasti i fontanelli e gli scivoli. Riaprono le fabbriche, riaprono i parchi, riaprono perfino i cimiteri. Arezzo e le altre città della provincia si scuotono dal torpore, spezzano il deserto e si rimettono in gioco. Ma i fontanelli restano serrati «per evitare assembramenti», perfino fuori di Villa Severi, lì dove la temperatura accarezza dopo pranzo i trenta gradi.

E nei parchi i giochi sono transennati come per un pericolo di crollo: altalene, scivoli, giostrine. Ingessate, un po’ come il clima che si respira all’alba del day after. La gente riesce mentre le sirene delle grandi industrie tornano a suonare: e lo vedi a occhio, dietro la mascherina. Dal traffico che sale, dalla precedenza che devi ridare all’incrocio della Parata. Dai numeri dei parcheggi.

La Cadorna alle 11 ha 140 posti liberi, finora non era mai scesa sotto i 180. E gli angoli strategici sotto gli alberi sono al completo, gli unici di un sistema della sosta che balla sul filo, come tutta la nostra vita. Si riaccende il semaforo su via Pier della Francesca, a lungo rimasto sul giallo fisso nei mesi del grande deserto. In Stazione non c’è la misurazione della febbre, tra le misure annunciate nella prima riparteza.

Però nelle prime corse steward sui trenini della Tft danno suggerimenti a chi deve predere posto. Sui pullman non ce n’è bisogno, i passeggeri restano più o meno quelli rarefatti della serrata. I responsabili di Tiemme e di Lfi «parlano di un lieve incremento», aggettivo leggero come un battito di farfalla, forse più specchio di un voluto ottimismo che dei conti.

Le corse però sono aumentate davvero e regalano quel surplus di animazione che si taglia con il coltello. In centro è il giorno delle proteste: e prima Guido Monaco e poi via Crispi ospitano le rimostranze pacifiche delle partite Iva e dei commercianti. I bar rompono gli indugi e riaprono con l’asporto. Ingessati più degli scivoli, se ordini un caffè non lo puoi consumare neanche sul marciapiede davanti. Però tornano in lizza e colorano l’alba del day after.

Che è alba davvero dalle parti del cimitero. Riaprono i fiorai e i primi parenti sono in attesa all’apertuta dei cancelli. C’è chi è abituato a curare ogni giorno la tomba del marito o della moglie e per due mesi si è sentito strappare di dosso perfino la fedeltà della memoria. E’ lì, con i primi, pronto a raggiungere il campo delle sepolture a terra. Il controllo esiste ma è in punta di piedi e nessuno supera i limiti della prudenza e del silenzio.

E in fondo è quello che avviene anche nei parchi. Qualche gruppetto in più al Giotto, durante la mattinata: ma la gente riesce perfino a sedersi «a panche alterne», inventandosi una misura in più rispetto a quelle disposte dal premier nelle sue comunicazioni notturne. Mezzo parco è transennato per lavori, sul resto la gente sciama ma rispettando tutte le misure, anche se i bambini sui pattini sono difficili da «governare».

A Villa Severi c’è la caccia al varco: quelli centrali sono chiusi con il lucchetto, devi passare dal campo di basket. Nel laghetto nuotano le tartarughe, quasi adeguandosi ai nuovi ritmi delnostro mondo. Al Parco Ducci l’unico ingresso è davanti ai carabinieri: gli accessi sono pochi, come se la gente temesse di inciampare nei nuovi «reati». Non furti o rapine ma mascherine calate sotto il naso.

Il Pionta è chiuso, ma c’è chi grida al paradosso: i residenti intorno assicurano che gli spacciatori dentro continuano ad esserci e spesso vanno ai cancelli per rifornire i loro «clienti». Chissà, forse hanno perfino tremato all’idea di una riapertura. Al centro di una città che si sgranchisce dopo il letargo, tra la voglia di gettarsi in pista e la paura negli occhi, emozionati dietro le mascherine.