Bancarotta Mancini, la procura verso l’appello

Fa discutere l’assoluzione per i 13 milioni dirottati dalla holding verso la società che controllava l’Arezzo

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Il pm Marco Dioni se ne era andato dall’aula con un diavolo per capello: la condanna dimezzata a Piero Mancini (solo per il milione e spiccioli dirottati dalle casse del Mancini Group verso l’ex presidente stesso) è stata vissuta, lunedì, più come un bicchiere mezzo vuoto che mezzo pieno. E a due giorni di distanza dal verdetto è sempre più palpabile l’idea della procura di ricorrere in appello. Aspettiamo le motivazioni, è la classica risposta, ma è evidente lo sconcerto per l’assoluzione su un capo di imputazione che in molti (compresi alcuni difensori) davano per acquisito all’accusa, quello relativo ai 13 milioni finiti nell’Arezzo Calcio.

Lo schema è abbastanza semplice: i soldi in questione che vengono dirottati dal Mancini Group, la holding di controllo del group, verso l’Arezzo Immagine, dentro la quale c’era la quota di controllo dell’Arezzo Calcio. Delle quote di Arezzo Immagine, però, solo una piccola parte, intorno al dieci per cento, era nel portafogli del Mancini Group, mentre il resto era di proprietà del presidente personalmente. Perchè, è la domanda allora, i 13 milioni partono dal Mancini Group, con la sua partecipazione ridotta, senza che niente torni indietro?