Fallimento dell’azienda: condannati per bancarotta Maurizio e Paolo Landi

Assoluzione dagli altri capi di imputazione

Tribunale (foto d'archivio)

Tribunale (foto d'archivio)

Viareggio, 1 luglio 2015 - La vicenda giudiziaria della ditta di marmo «Landi Giocondo», che vede coinvolta un’intera famiglia di strettoiesi, è destinata a proseguire. Il Tribunale di Lucca ha condannato infatti Maurizio e Paolo Landi a 4 anni e 6 mesi per bancarotta fraudolenta, mentre Claudio Landi (che aveva fatto partire gli esposti contro di loro) ha patteggiato 18 mesi. I due imputati, insieme a Cristiano Landi della ditta «Tre Elle», sono stati invece assolti (il reato non sussiste) dagli altri capi di imputazione, oltre che dall’accusa di aver dissipato i beni della società, e sono pronti al contrattacco: oltre al ricorso in appello, contestando i reati a loro imputati e la sproporzione tra le condanne e l’entità del patteggiamento di Claudio Landi, chiederanno un risarcimento «milionario». Per capire questo ginepraio c’è da tornare agli anni ’50, quando Giocondo Landi fonda l’omonima ditta proprietaria della cava Faniello (ad Arni) e degli opifici a Pozzi. Ditta rilevata poi negli anni ’80 dai figli Paolo, Claudio e Maurizio. Nel 2004 i nipoti di Giocondo, ossia Cristiano, Massimiliano e i gemelli Marco e Massimo, creano invece la «Landi group», a cui viene affidata la gestione dell’opificio di Pozzi, ma all’interno della quale ben presto nascono dei dissidi, origine di tutte le beghe successive. Lo scossone arriva nel 2010, quando la «Landi Giocondo» decide di vendere il terreno degli opifici alla «Emme immobiliare» e la cava Faniello alla «Tre Elle» (di Cristiano Landi). Mossa non gradita da Claudio Landi, il quale presenta quattro esposti alla Procura nei confronti di Paolo e Maurizio Landi della «Landi Giocondo» e di Cristiano Landi, accusandoli di aver aver venduto un bene a un valore inferiore a quelli di mercato. Mica finita: nel 2011 la «Landi Giocondo» chiude a seguito dell’istanza di fallimento promossa da Marco e Massimo e in seguito alle ripetute chiusure della cava disposte dal magistrato anche la «Tre Elle» alza bandiera bianca. Difesi dall’avvocato Cristiano Baroni, Paolo, Maurizio e Cristiano Landi sono stati assolti dal reato di dissipazione dei beni della società mentre Paolo e Maurizio sono stati condannati per bancarotta fraudolenta, oltre che inabilitati per 10 anni all’esercizio di un’impresa commerciale e interdetti per 5 anni dai pubblici uffici. Il finale è tutto da scrivere: oltre all’appello, i tre porteranno in tribunale Claudio e i suoi figli Marco e Massimo, difesi dall’avvocato Marcello Taglioli, chiedendo un maxi-risarcimento.

Daniele Masseglia