Pronipote del palombaro-eroe Gianni cerca i discendenti dei naufraghi del ’17

«Mio nonno si immerse per 10 ore continuative e salvò i sopravvissuti»

L'avvocato Sara Gianni racconta le gesta del bisnonno

L'avvocato Sara Gianni racconta le gesta del bisnonno

La Spezia, 15 gennaio 2018 - CUORE di pronipote. Che batte di amore per il bisnonno che non ha mai conosciuto ma di cui ha sentito raccontare le gesta. Lei è l’avvocatessa spezzina Sara Gianni, lui è Alberto Gianni, palombaro-eroe, originario di Viareggio, diplomato nel 1912 alla scuola del Varignano e protagonista, nel febbraio del 1917, di un’impresa ciclopica.

«IL RECUPERO un sommergibile e del suo equipaggio naufragati al largo delle isole Palmaria e Tino, su un fondale di 34 metri», racconta lei, colta dall’emozione, con la foto del bisnonno tra le mani. «Mi nonno e mio padre – spiega – mi hanno sempre raccontato di quell’impresa, ma da piccola, per me, quella storia aveva i contorni della favola. Col tempo ho voluto approfondirla attraverso ricerche storiche, ma, al di là di quanto desunto su internet, non sono riuscita a trovare documenti ufficiali. Se non, grazie all’avvocato e storico spezzino Giovanni Pardi, la certezza sulla tipologia del sommergibile naufragato, un F8 costruito al Muggiano, il nome del suo comandante, Levi Schiff, e la notizia dell’encomio ricevuto da mio bisnonno per quell’operazione di recupero nella quale si spese fino al rischio di perdere la vita: trascorse 5 giorni in ospedale a lottare con la morte, perse l’udito ma, ripresosi fece tesoro dell’esperienza, mettendo a punto la prima camera iperbarica… anche questa una grande storia». Sara coltiva un sogno: «Rintracciare i discendenti dei marinai superstiti. Farmi raccontare da loro quello che sanno e, anche attraverso quelle auspicate testimonianze, dare forma a un riconoscimento alla memoria di mio nonno. A lui, originario di Viareggio, è stato dedicato il locale Museo della marineria per essere stato il coordinatore dei palombari del mitico Artiglio che, nel 1930, esplose durante il recupero del piroscafo Florence al largo di Brest. Credo che anche alla Spezia occorra fare qualcosa… per quello che accadde nel 1917». Per questo l’avvocatessa ha lanciato un appello a mezzo social e ora confida ne “La Nazione’’. Intanto racconta quello che sa a proposito dell’operazione.

«IL SOMMERGIBILE, costruito all’allora Fiat-San Giorgio Muggiano, colò a picco durante la fase delle prove di collaudo, per un’errata manovra nella messa a punto del solcometro, il contamiglia. Da lì si originò una via d’acqua che in breve tempo portò il battello ad adagiarsi sul fondo, con i suoi uomini: 40 persone, per la maggior parte, penso, del nostro territorio. Venne mobilitato un pontone per imbragare il mezzo, ma le apposite maniglie per l’ancoraggio delle cinghie erano finite sotto il fango, impossibile fruirne. Fu mio bisnonno, palombaro, allora ad operarsi per sistemare delle fasce capaci, con l’ausilio di un pontone, di sollevare il sommergibile. L’immersione con lo scafandro sarebbe durata ininterrottamente per 10 ore. Alla fine il sommergibile riemerse, l’equipaggio fu salvato. Lui fu colto da embolia…». Sara per sapere di più in via diretta, o attraverso il gioco di sponda di altre persone, ha chiesto notizie al Varignano, al Museo Navale, all’ufficio storico della Marina. «Quello che è venuto fuori è solo l’encomio. Non i nomi dei marinai salvati. Ebbene, vorrei conoscere i loro pronipoti: io e loro non saremmo venuti al mondo se non ci fosse stato Alberto Gianni, che credo meriti di essere ricordato per la sua testimonianza di solidarietà e il suo ingegno. A lui, ricordo, si deve la prima camera iperbarica».

Corrado Ricci