«Sono qui, dentro l’inferno turco: sembra un film di guerra»

Le lunghe ore di terrore raccontate dal maresciallo dei carabinieri Gaetano Vulcano, impegnato in una missione

Una delle manifestazioni di Istanbul

Una delle manifestazioni di Istanbul

Empoli, 17 luglio 2016 - «Catapultato dalle 22.50 in un film di azione. Di guerra». Parole pesanti, capaci di fotografare una realtà lontana, ma tanto incerta da tenere con il fiato sospeso ognuno di noi. Per ore. Lunghe e faticose. Tra l’annuncio del colpo di stato in Turchia per mano dei militari e l’altro annuncio, del fallimento del golpe. Nella notte. Con Istanbul nel mirino. Con l’esercito contro il premier Erdogan. Tra morti, carri armati e raffiche di mitra. Uno stato d’assedio nel quale si trovano anche i militari italiani in missione in Turchia. Tra loro il maresciallo Gaetano Vulcano, comandante della stazione carabinieri di Montelupo. A Istanbul, in servizio al consolato italiano da appena un giorno, si è trovato nell’inferno. Un inferno da lui stesso raccontato ai familiari preoccupati. E finito sui social. Pubblicato dalla famiglia per tranquillizzare amici e cittadini in ansia per il ‘loro’ comandante. Un punto di riferimento per la comunità del paese della ceramica.

«ORE 5. Tutto bene. Adesso – puntualizza il maresciallo – Ma è stata una notte da incubo. Immediatamente rientrati tutti nel consolato mentre elicotteri e aerei F16 solcano il cielo di Istanbul. Così bassi e veloci che, quando bucano la velocità del suono, si sente un forte boato simile al lancio di una bomba». Le immagini scorrono. «I numerosi poliziotti di vigilanza al vicino consolato francese a confine con il nostro, già da qualche giorno per rischio attentati – continua – hanno abbandonato le postazione perimetrali esterne. Alle 23.10 iniziano a sentirsi raffiche di armi automatiche, alcune emittenti comunicano del blocco del ponte sul Bosforo e del controllo dell’aeroporto con l’impiego di carri armati....

Verso le 01.20 un caccia bombarda una zona periferica di Istanbul e abbatte un elicottero sui cieli della vicina Ankara». Signori, questa è guerra. Solo un assaggio per carità, ma lo è. «Televisioni locali continuano a trasmettere immagini di piazze occupate da soldati con carri armati – scrive ancora il maresciallo in missione – Viene ordinato dai golpisti il coprifuoco mentre in tv si hanno notizie del presidente Erdogan che chiede asilo da qualche parte in Europa. Poi invita la popolazione a scendere in piazza, perché hanno individuato la piccola parte di militari che hanno cercato invano di mettere in atto il golpe. Li stanno arrestando. E dai megafoni delle moschee si invita la popolazione a partecipare scendendo in piazza». Gli stessi megafoni che scandiscono le preghiere quotidiana.

Lo scontro si avvicina. «Iniziano a sentirsi colpi di armi automatiche fuori dalle mura del consolato – continua – Noi siamo armati e ben equipaggiati, pronti a difendere il nostro paese su territorio straniero. Spero questo film finisca presto e a lieto fine». Il diario prosegue. «Ore 8. Dopo tre lunghe ore di sonno mi sveglio e dalla finestra della mia camera constato subito che i numerosi poliziotti armati all’inverosimile fuo- ri dal consolato non ci sono. È una bella giornata di sole ma dall’atmosfera strana. Non si sentono voci in lontananza, non ho sentito all’alba il megafono della vicina moschea che invita i fedeli alla preghiera. Mi preparo a scendere. Oggi gli uffici consolari sono chiusi al pubblico. Menomale». Un attimo di tregua per riordinare le idee, no, non guasta.