Ferito nella Prima Guerra Mondiale, 'Niente pensione'. La sentenza dopo 102 anni

Per la Corte dei Conti 'Non ha diritto ad assegni'

Soldati al fronte durante la Grande Guerra

Soldati al fronte durante la Grande Guerra

Pisa, 28 febbraio 2018 - La battagliapersonale del militare Santi Scarnicci, classe 1896, non è rimasta nell’Italia in bianco e nero che cercava di dimenticare gli eventi bellici del Novecento. E’passato un secolo, ma non è finita. I nipoti hanno fatto ricorso alla magistratura contabile – e dopo il rigetto potrebbero partire gli atti per la Corte dei Conti d’appello – per chiedere quello che il nonno aveva cercato di rivendicare fino alla morte: un vitalizio per le ferite riportate in guerra.

Era l’agosto del 1916 quando Santi Scarnicci, ventenne, fu colpito da schegge di granata al fianco e alla spalla destra. Successe a Rava, in Trentino, teatro di scontri cruenti tra le rocce fra italiani e austriaci. Scarnicci, legato a Pisa da ragioni militari, ma nativo di Bucine (Arezzo), fu costretto in ospedale: prima in alcuni ospedali da campo, poi in quello militare di Brà (Cuneo); infine gli furono assegnati ventinove giorni di convalescenza. Il giovane militare fu tra i tanti soldati che fecero ritorno dal fronte della Grande Guerra, la prima a essere definita «mondiale», con i segni del terribile avvenimento. Ma per lui non c’è mai stato alcun risarcimento, né «una tantum», né vitalizio. L’infermità, sempre riconosciuta dipendente da causa di servizio, fu giudicata non ascrivibile ad alcuna categoria di pensione. La prima visita medico legale è del 1921, cui seguirono domande di aggravamento (per ottenere vitalizio di settima o ottava categoria) che resero necessari ulteriori accertamenti dai quali è sempre stata certificata la ritenzione di schegge. Ma sul diritto a un trattamento di tipo pensionistico il parere è sempre stato negativo. E’ del 1967 il ricorso di Scarnicci alla Corte dei Conti, ma il giudizio venne dichiarato interrotto dalla sopraggiunta morte del soldato. Nel 2014 gli eredi, assistiti dall’avvocato Giandomenico Daniele di Lecce, hanno ripeso il duello con lo Stato, sostenendo che quel trauma balistico, proprio per la ritenzione di schegge, è meritevole di assegno.

Di diverso avviso la consulenza peritale sulla quale si è fondato il giudizio della corte: riguardo le ferite queste interessarono i piani cutanei «non comportando alcuna menomazione funzionale della zona interessante». Assegno negato anche nel 2018, cent’anni dopo la fine del conflitto. Ma c’è ancora spazio per l’appello che l’avvocato Daniele annuncia vista «l’omessa convocazione di parte». La storia continua.

Carlo Baroni

Antonia Casini