5 frasi sui toscani che dovete assolutamente conoscere

Il libro di Curzio Malaparte che nel 1956 raccontò i tic di una regione certo non comune

Il libro "Maledetti Toscani"

Il libro "Maledetti Toscani"

Firenze, 24 novembre 2015 - Nel 1956 lo scrittore pratese Kurt Erich Suckert, meglio noto come Curzio Malaparte, pubblicò un libro sulla natura dei toscani, raccontandone vizi e virtù. Ecco le frasi più belle tratte dall'opera “Maledetti Toscani”. «E maggiore fortuna sarebbe se in Italia ci fossero più toscani e meno italiani». Già nell'incipit Malaparte sottolinea la peculiarità dei toscani rispetto a tutti gli altri italiani: “Se è cosa difficile essere italiano, difficilissima cosa è l'essere toscano” -si legge- “molto più che abruzzese, lombardo, romano, piemontese, napoletano, o francese, tedesco, spagnolo, inglese. E non già perché noi toscani siamo migliori o peggiori degli altri, italiani o stranieri, ma perché, grazie a Dio, siamo diversi da ogni altra nazione: per qualcosa che è in noi, nella nostra profonda natura, qualcosa di diverso da quel che gli altri hanno dentro”.

"Nel concetto dei toscani, chi non è un uomo libero è un uomo grullo" - È la Toscana ad aver preservato quell'antica e nobile tradizione “di un'Italia popolare, sfrontata e sboccata, allegra e insolente”, grazie ad un popolo che non si piega, che ha “un modo di inginocchiarsi che è piuttosto uno stare in piedi con le gambe piegate”.

"La Toscana era l'unico paese al mondo che fosse una “casa”. Il resto d'Italia, e Francia, Inghilterra, Spagna, Germania, erano Repubbliche, Monarchie, Imperi, non “casa”" - Chiunque si allontani dalla regione del sole conosce bene il sentimento della nostalgia, misto alla speranza di poter farvi presto ritorno: per specchiarsi, ancora una volta, nelle acque dell'Arno, “un fiume che ride” -si legge- “il solo fiume, in Italia, che ride in faccia alla gente”.

"I toscani han l'abitudine di non salutare mai per primi nessuno, nemmeno in Paradiso. E questo, anche Dio lo sa. Vedrai che ti saluterà lui, per primo" - Proverbiale è l'insolenza che sfocia quasi nella blasfemia del popolo toscano. Un popolo che non ama il giogo, tanto meno quello divino: il solo, scrive ancora Malaparte, “che non abbia paura dell'inferno, il solo che abbia con l'inferno continui e familiari rapporti”. Perché, anche quando se ne vanno all'altro mondo, è “come se andassero di là, in un'altra stanza”. Un esempio? Pensate alla scena finale del film “Amici miei”, dove il Perozzi, sul letto di morte, abbandona la vita con un'ultima, canzonatoria supercazzola rivolta al prete, giunto al capezzale del giornalista per confessarlo.

"I toscani hanno il cielo negli occhi e l'inferno in bocca" - Famoso a tutti l'uso smodato del turpiloquio da parte dei toscani. Ai quali però basta aprire una finestra per riempirsi gli occhi di smisurata bellezza: contemplando un paesaggio magico dove, conclude lo scrittore, “tutto è gentile intorno, tutto è antico e nuovo”.