Wertmuller: «Vi racconto la fin de siècle tra musica e guerra»

L'intervista alla cineasta romana

LINA WERTMULLER Ospite del Passioni Festival porta in scena stasera all’Eden il suo recital «Un’allegra fin de siècle»

LINA WERTMULLER Ospite del Passioni Festival porta in scena stasera all’Eden il suo recital «Un’allegra fin de siècle»

Arezzo, 3 luglio 2015 - Grandi appuntamenti oggi al Passioni Festival. L’Arena Eden di Arezzo sarà animata fin dalle 17,30 con la presentazione del libro di Matteo Viviani, «La crisalide nel fango», e poi alle 18,30 dall’incontro con Maccio Capatonda ed Herbert Ballerina, intervistati da Andrea Scanzi. In serata, alle 21,45, arriva Lina Wertmüller, con «Un’allegra fin de siècle». Ed è proprio la regista a raccontarci il suo spettacolo.

Quest’anno ricorre il settantesimo anniversario dalla Liberazione. Le pare si stia traendo il giusto insegnamento dagli errori del passato?

«Iniziamo bene … Spero di sì, cosa vuoi che ti dica, si parla ovunque, in ogni momento e con superficialità di ogni tipo di guerra, quelle di religione, domestiche, quelle di chi scappa perché vuole poter pensare un futuro. Secondo te cosa ha imparato l’essere umano dalla liberazione? A me pare abbia imparato tutto e niente, e di questo passo ognuno ha imparato ciò che gli fa più comodo».

Come è nato lo spettacolo?

«Non ricordo esattamente, i progetti stanno nel famoso cassetto, poi di tanto in tanto escono e si concretizzano; magari la scintilla nasce da un’idea, da un’immagine che si innesca, e qui si è innescata la guerra, ecco l’idea di questo spettacolo nasce da un conflitto».

Cosa si deve attendere il pubblico di Arezzo? Risate amare?

«Non lo so, spero che non si annoi, e che le parole cantate e raccontante, la musica, il ritmo e la melodia possano innescare un ricordo, un’immagine, una riflessione su qualcosa che è stato. Ma in fondo si racconta il presente, e se qualcuno avrà qualcosa da ridere beato lui, giuro non lo sgriderò».

Cosa rappresenta per il lei il teatro, dopo una vita di cinema?

«È una parte della mia vita, e come il cinema rappresenta un occhio, un occhio che guarda».

Lei è stata di recente ospite di Arezzo, come ha trovato la città?

«Arezzo è una città ospitale, un pezzo d’Italia dove si mangia bene, la cultura si respira nell’aria, è bella, del resto è la città che ha da dato i natali a Petrarca. E anche a Boncompagni, se non ricordo male».