Disoccupati sotto il 10%, calo di un punto. Industriali: è la fine del tunnel

Dal rapporto dell'economia 2016 della Camera di Commercio filtra un segnale di ripresa prepotente segnale di ripresa. Le prime reazioni

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Arezzo, 7 giugno 2017 - Finora i segnali di (timida) ripresa erano venuti solo da Roma. Con l’Istat che appena nei giorni scorsi certificava una crescita del Pil dell’1,3% su base annua superiore alle previsioni della vigilia. Adesso un numero positivo emerge anche dal corpaccione dell’economia aretina che ancora si barcamena fra stagnazione e crescita. Finalmente cala la disoccupazione, finalmente i senza lavoro tornano a scendere sotto la soglia psicologica del 10%, cifra che aveva fatto temere in una provincia tradizionalmente lontana dai picchi peggiori della crisi degli impieghi.

Invece, quando meno te lo aspetti, ecco la svolta in positiva, col 10,3 di disoccupati che calano di un punto abbondante, al 9,2, come segnala la Camera di Commercio nelle cifre di presentazione della Giornata dell’economia di domani. Il primo segno meno dopo anni di aumento quasi galoppante. La disoccupazione era ancora intorno al 5-6% nel 2008, all’inizio della peggiore recessione dal 1929.

E il lavoro aveva tenuto ancora per qualche anno, con ricorso massiccio alla disoccupazione ma crescita contenuta dei senza impiego: il 6,2% nel 2010, l’8% nel 2012, lo sfondamento del 10% al culmine della crisi, che per Arezzo va collocato intorno al 2014-2015. Adesso questa lieve ma significativa attenuazione del fenomeno che più di ogni altro dà il segno della difficoltà dell’economia.

Miglioramento contingente o strutturale? Difficile dirlo. Gli esperti sottolineano come il 2016 sia stato un anno particolare, in cui ha pesato l’effetto Jobs Act, cioè gli incentivi alle assunzioni varati dal governo Renzi. Ora che di stimoli economici ad assumere non ce ne sono più si rischia l’effetto soufflè che si sgonfia di improvviso? E quanti di quei posti sono temporanei, a termine, e quanti invece strutturali, a tempo illimitato? Domande cui solo analisi più puntuali di una semplice rilevazione dell’Istat può dare risposta.

Eppure in condizioni normali, gli economisti stimano che serva una crescita del Pil piuttosto consistente per consentire la diminuzione di un punto del tasso di disoccupazione. C’è davvero quello che sarebbe un accenno robusto di ripresa? Cifre sul 2017 non ce ne sono: l’Istat sforna le statistiche locali a distanza di mesi, a volte di anni. Restano solo le impressioni. Come quella di Massimiliano Musmeci, direttore dell’associazione industriali, un osservatore privilegiato e per abitudine assai prudente: «Credo che stavolta ci siano tutte le condizioni di un miglioramento effettivo, sembra proprio, con tutte le prudenze del caso, che ci stiamo avviando verso la ripresa. Il mercato interno è ancora fermo così come i consumi finali, ma una serie di indicatori, compresa la diminuzione dei crediti deteriorati, dice che la discesa è finita e vediamo la luce in fondo al tunnel.

Più prudente Mauro Giovagnoli, direttore di Confartigianato: «La ripresa è a macchia di leopardo, ne usufruiscono le imprese più efficienti, altre come quelle legate all’edilizia restano ferme al palo. Perlomeno però si è fermata la decrescita. Siamo in una fase di stasi con qualche segnale di crescita». Intanto, dalla Camera di Commercio, arriva un altro numero in controtendenza. Nel 2016 l’export ha segnato il passo: meno 1%. Nella provincia più esportatrice d’Italia, quella che manda all’estero il 90% della sua produzione, è un indicatore che induce ancora alla prudenza.