Banca Etruria, risale l'ipotesi spezzatino: Barents punta Del Vecchio e Bap

E0' un gruppo assicurativo con sede a Panama. Però resta ancora favorita la possibilità di un accordo con Ubi

Roberto Nicastro

Roberto Nicastro

Arezzo, 13 ottobre 2016 - Torna a riaffacciarsi l’ipotesi spezzatino nella tormentata vicenda di Banca Etruria. E’ questo uno scenario che sta ancora sullo sfondo mentre in prima linea resiste la possibilità di un’aggregazione con Ubi, soluzione preferita anche da Bankitalia ma che però non ha fatto passi avanti negli ultimi giorni. Ancora ieri Victor Massiah, l’amministratore delegato di Ubi, si è trincerato dietro un laconico «né sì né no», lasciando intendere che c’è ancora tanto da lavorare su questo fronte.

Quanto all’eventualità di una vendita per singoli asset, ecco ritornare d’attualità l’interessamento del gruppo di riassicurazione Barents Re che ha sede a Panama e uffici nelle principali città europee. Prima della risoluzione, Barents si era fatta avanti con la vecchia Bpel per trattare l’acquisto di Bap, la società assicurativa di via Calamandrei.

Adesso all’interesse verso Bap si affiancherebbe quello per Banca Federico del Vecchio, l’istituto fiorentino «private» entrato nel portafoglio Etruria quando alla presidenza c’era Elio Faralli. Barents punterebbe anche su Cariferrara, la banca ferrarese che non era nel pacchetto delle good bank a cui mira Ubi, l’unica a esserne fuori.

Così il gruppo panamense vorrebbe creare un polo bancario-assicurativo di ridotte dimensioni ma allo stesso tempo ben posizionato nel panorama italiano. Continuano dunque i movimenti intorno alle nuove banche uscite dalla risoluzione del novembre scorso. La proroga concessa dalla commissione europea, che non ha però reso pubblico il termine della scadenza, ha dato naturalmente respiro alle trattative, non più condizionate dalla mannaia dei termini rigorosi.

Non ha però scioltoo i nodi che hanno finora impedito il successo dell’acqisizione da parte di Ubi. L’istituto bergamasco sarebbe ancora fermo sulle condizioni poste, a cominciare da quell’aumento di capitale che Massiah non vuole superiore ai 300-400 milioni di euro.

Intanto incombe il voto sulla fusione tra Bpm e Banco Popolare con i sindacati preoccupati da un’eventuale bocciatura che secondo Lando Maria Sileoni, segretario nazionale della Fabi, rischierebbe di bloccare una volta di più il processo di vendita delle good bank.

di Sergio Rossi