«Copiano l'Equestrian? Lo dicano». Ita Marzotto e quel «bis» in Arabia

Il commento della proprietà sul progetto di uno studio aretino a Riad

La contessa Ita Marzotto insieme al cugino Matteo

La contessa Ita Marzotto insieme al cugino Matteo

Arezzo, 23 gennaio 2016 - La sua vita in questo momento è sempre di corsa, tra gli scenari più impervi che uno sport come l’ultra trail possa riservare. Ma la notizia che qualcuno ha “copiato” il suo centro ippico in Arabia Saudia, senza neppure saperlo, l’ha costretta ad una piccola sosta, giusto il tempo di rifiatare e poter dire la sua: è la contessa Ita Marzotto a parlare dopo aver appreso, dalle righe del nostro giornale, che lo studio di un architetto aretino ha ricreato a regola d’arte, nella capitale saudita di Riad, il progetto dell’Arezzo Equestrian Centre, uno degli show ground più prestigiosi del panorama equestre internazionale di sua proprietà dal 1999.

Contessa Marzotto, il suo centro ippico ha fatto colpo.

«Questo mi fa molto piacere, ma non è la prima volta. Forse lo studio dell’architetto Felici ha divulgato la notizia per farsi un po’ di pubblicità».

Anche perché non sarà stato l’unico a notare l’Equestrian negli anni…

«Appunto, basta pensare che un noto produttore di selle italiane che vende molto in Germania ha chiamato la sua sella di punta “Arezzo”, così come un noto allevatore olandese ha usato lo stesso nome per il suo stallone migliore, in onore del mio centro».

L’Equestrian però l’ha creato lei, dall’architetto Felici non è stata neppure menzionata….

«E’ così. Non voglio fare polemiche, ma dispiace che non sono stata neppure presa in considerazione per un consiglio. Sono nata da una generazione d’imprenditori, mio padre e mio nonno mi dicevano sempre in dialetto veneto “quando non se sa se taze” e che “nessuno è nato imparato”. Per realizzare l’Equestrian ho visitato i più grandi show ground presenti in America, Spagna, Germania avvalendomi delle competenze dell’ingenger Mauro Checcoli e dello studio Mariottini di Arezzo, persone che sanno di equitazione. Sono felice che lo studio dell’Architetto Felici sia in grado di portare avanti questo progetto, ma avrei gradito almeno essere al corrente, come credo l’attuale gestore, Riccardo Boricchi, che sta portando avanti il centro con competenza».

Nemmeno il magnate l'ha chiamata?

«Non so nemmeno chi sia. In passato mi hanno contattato varie persone straniere a cui ho dato una mano dopo che videro il mio centro, fornendo delle consulenze per le strutture equestri».

Il progetto di Felici però ha qualcosa di più…

«Di certo non metterei bocca su una moschea, ma su un campo ostacoli o le scuderie penso che avrei potuto dire la mia».

La creazione di questo centro all’epoca le costò caro, si ricorda?

«Non meno di 44 capi d’accusa di cui 7 penali. Ma questo purtroppo è dovuto al sistema burocratico italiano, l’attività andava molto bene e il centro è cresciuto nel tempo».

Ma perché ha lasciato l’equitazione per il trail? 

«Purtroppo ho smesso di montare, a malincuore. Ho scoperto questo mondo, più semplice, più terra a terra: la natura la senti veramente tanto quando la pesti; correndo mi sento più a mio agio e più lontana dalle persone, dopo anni in cui ho vissuto sempre a contatto con la gente. Il 2015 poi è stato da incorniciare a livello sportivo».

di Saverio Crestini