La Cenerentola dei giovani

L'opera di Rossini al Teatro del Maggio

Una scena di Cenerentola (dal sito del Maggio Musicale Fiorentino)

Una scena di Cenerentola (dal sito del Maggio Musicale Fiorentino)

Firenze, 8  novembre 2018 - Un cast giovane, una regia curata da una professionista (Manu Lalli) abituata a lavorare per e con i giovanissimi. Le impressioni a caldo appena usciti dal Teatro del Maggio dopo la prima recita di Cenerentola sono focalizzate su questo aspetto, che permette allo stesso teatro di pensare a un titolo da proporre quasi quotidianamente nel gito di una setttimana. In pratica un titolo da repertorio. Una scelta che troviamo corretta visto la mole di lavori che l'opera italiana può offrire a un teatro. Che poi si pensi a Gioachino Rossini è ancora più corretto a prescindere che in questo 2018 cada un anniversario che lo riguarda. Cenerentola mancava inoltre dal 1993 nel teatro, anche se lo scorso anno il Maggio l'ha proposta negli spettacoli estivi a Palazzo Pitti.

Proprio quell'allestimento è stato ripreso all'interno della stagione lirica 2018/19. La regia di Manu Lalli ha puntato molto sull'aspetto fiabesco, caratterizzando i personaggi nel loro aspetto buffo. Parlavamo di cast giovane e scorrendo le biografie, molti cantanti in scena sono nati nell'ultimo decennio dello scorso secolo. Azzaccata la scelta di Cenerentola di Teresa Iervolino, che ha chiuso l'opera ("Nacqui all'affanno e al pianto") tra molti applausi e la convinzione che la sua maturazione è già in uno stato avanzato. Il tenore Diego Rogoy (Don Ramiro) ha convinto nel primo atto, meno nel secondo. Citiamo anche gli altri: Christian Senn ottimo Dandini, Luca Dell'Amico (un buon Don Magnifico), l'Alidoro di Ugo Guagliardo e la coppia Ana Victoria Pitts ed Eleonora Bellocci, provenienti dalla fucina dell'Accademia del Maggio, e convincenti nei ruoli delle sorelle.

La direzione di Giuseppe Grazioli è stata ordinata, senza quella brillantezza che alcuni dei concertati avrebbero meritato. In ogni caso, viste le tante repliche, sarebbe un peccato perdersi un'opera meno rappresentata rispetto ad altri lavori rossiniani.