I vent’anni del Museo diocesano. Prezioso scrigno di arte e cultura: "Cari sarzanesi, amatelo di più"

L’associazione Firmafede ripercorre le origini e la crescita di questa risorsa unica nell’intera Vallata. Traguardi raggiunti grazie al contributo dell’8 per mille. Rari gli aiuti pubblici e le elargizioni private.

I vent’anni del Museo diocesano. Prezioso scrigno di arte e cultura: "Cari sarzanesi, amatelo di più"

I vent’anni del Museo diocesano. Prezioso scrigno di arte e cultura: "Cari sarzanesi, amatelo di più"

Vent’anni di Museo diocesano. Tanta strada è stata percorsa da quando, nel 2003, nel barocco oratorio della Misericordia appena restaurato dalla Diocesi, un gruppo di sarzanesi costituì l’associazione Firmafede, alla quale il vescovo Staffieri affidò la conduzione del nuovo Museo di Sarzana ospitato proprio nell’antica sede della Confraternita dei Neri. Il ventennale è caduto in coincidenza con la giornata dedicata a don Ferdinando Maberini, ricordato sabato con una conferenza e un concerto e con l’inaugurazione, proprio al Diocesano, dell’esposizione del suo lascito, tra cui oggetti d’arte cinese raccolti nella sua permanenza a Macao.

Volutamente, nessun evento speciale per il ’compleanno’ del Museo. Ricorrenza che nondimeno diventa occasione per un bonario rimbrotto e un appello: i sarzanesi e chi li amministra – sussurra l’associazione Firmafede – dovrebbero davvero affezionarsi al loro museo che, invece, è nato e cresciuto potendo contare solo sul contributo diocesano. Rare le donazioni di privati, ancora più rari i contributi pubblici. Eppure il Museo è oggi uno scrigno d’arte e conoscenza in crescita, una risorsa per l’intera città: per la cultura, per il prestigio, per il turismo.

Ma nulla all’inizio era scontato. I fondatori dell’associazione Firmafede furono Roberto Bottiglioni, Alessandro Capetta, Roberto Marrani, Alessandro Pratici, Aldo Sammartano, Paolo Bufano, monsignor Piero Barbieri e monsignor Gianni Crovara, che fu eletto primo presidente. "Si deve all’ostinazione e al fiuto del compianto don Gianni e di don Piero – sottolinea l’associazione – l’acquisizione del primo importante nucleo di opere poi arricchito di molti altri dipinti e sculture di grande valore". Prima curatrice fu la storica dell’arte Barbara Sisti, primo direttore – per decreto del vescovo Moraglia – il professor Maurizio Marchini. Nel 2009 a sostituire don Gianni è stato chiamato Paolo Bufano, ancora oggi presidente; nel 2018 Sisti – che dirigeva il Museo diocesano di Massa – è tornata a quello di Sarzana da direttrice.

"In questi venti anni la presenza e il ruolo del Museo si sono rafforzati per numero e qualità delle opere, per numero di visitatori e di contatti sul sito internet, per le mostre e le iniziative organizzate ogni anno, per le attività di formazione di giovani studiosi, per quelle didattiche per le scuole e per le collaborazioni con istituzioni pubbliche – sottolinea l’associazione –. Oltre a esporre a migliaia di visitatori la sua collezione permanente, il Museo ha organizzato un centinaio di iniziative fra mostre temporanee, convegni, concerti, presentazioni di opere e di collezioni d’arte private inedite, restauri didattici, pubblicazione di monografie e anche di ‘pillole d’arte’ sui social durante il lock-down, divenendo uno dei maggiori attori culturali della città e della Vallata, unico museo di arte antica". Traguardi raggiunti "potendo contare sul solo, essenziale contributo diocesano annuo attinto dall’otto per mille, su qualche rara elargizione privata e su ancor più rari contributi pubblici, e dunque facendo affidamento sulla competenza, sulla dedizione ma soprattutto sulla parsimonia della direttrice e dei giovani studiosi che le fanno volontaristicamente corona, oltre che sui sacrifici e sulla passione di chi si arrabatta per far tornare i conti".

La Firmafede promette: "Persevereremo con lo stesso impegno per accrescerne le fortune. Nel contempo però ci piace chiedere ai sarzanesi e a chi li amministra una cosa sola, di affezionarsi davvero al loro museo cittadino, di sentirlo come una cosa propria come sentono propri i Bergamaschi l’Accademia Carrara, o i Piacentini la Galleria Ricci Oddi, o gli abitanti di Trento il loro Museo Diocesano. E di acquisire, come i cittadini e gli amministratori di quelle città, piena consapevolezza di quanto possa essere importante una piccola istituzione museale per la crescita culturale di un’intera comunità, per la salvaguardia della sua storia più illustre, per la maturazione dei suoi giovani, per la formazione dei suoi adulti ma anche per la sua attrattività verso un turismo qualificato e consapevole".

Anna Pucci