Editoriale

Urne amministrative, perché il voto va oltre

Pecore elettriche

Pecore elettriche

Firenze, 14 maggio 2023 - Siena, Massa, Pisa. Il Pd di Elly Schlein prova a riprendersi, alle elezioni amministrative di oggi e domani, quello che ha perduto cinque anni fa, quando soffiava forte il vento del salvinismo. Pare che sia passato un secolo. Si diceva che avrebbe governato qualche decennio, Matteo Salvini. E invece. Il leader della Lega ancora non riesce a togliersi di dosso il fardello dell’estate 2019, quella del Papeete Beach. Cinque anni dopo è un altro mondo. Ora si dice che Giorgia Meloni governerà decenni, ma vediamo intanto se la sua coalizione riuscirà a non perdere le città che aveva faticosamente conquistato nel 2018.

Meloni ha trasformato Fratelli d’Italia, come Salvini aveva fatto con la Lega, in un partito del 30 per cento. E anche per lei vale la domanda: quanto durerà la presidente del Consiglio? I cicli politici in Italia sono rapidi, i leader si consumano in fretta, qualcuno molto in fretta. Per fattori esogeni ed endogeni. Per complicazioni esterne ma anche, in qualche caso, per pulsioni autodistruttive. Essere un leader politico è un mestiere usurante, ma le leadership servono come spiega bene Antonio Funiciello nel suo libro, "Leader per forza", appena pubblicato da Rizzoli: "La leadership è una necessità: negare o eludere l’imprescindibilità della sua funzione è pericolosissimo", scrive Funiciello. "Tipicamente tendono a farlo fenomeni come il populismo, sempre alla ricerca di colpevoli da additare al pubblico ludibrio: e quale colpevole più colpevole di un capo che ha perduto consenso?".

Meloni ha un vantaggio e punto di debolezza. Il vantaggio è che può contare sulle numerose esperienze del recente passato. Può insomma imparare dagli errori di avversari e compagni di coalizione. E in effetti sembra più accorta per esempio di Salvini. Il punto di debolezza è più articolato. Perché riguarda Fratelli d’Italia. Il partito di Meloni non ha correnti, sui giornali non ci sono interviste quotidiane di capibastone. Non ci sono opposizioni interne. E questo è un punto di forza. Il problema però riguarda la classe dirigente sui territori. Quando, a livello nazionale, arrivi al 30 per cento significa che ti votano tutti e inevitabilmente attiri consenso e personale politico, che arriva di conseguenza, da tutte le parti. Non è sempre un bene, perché significa che arrivano anche persone che ora possono forse condividere il tuo presente, o magari fingono di farlo, ma vengono da una storia diversa. In Toscana, poi, il destra-centro ha un problema specifico che riguarda la tenuta della coalizione.

A Massa il sindaco uscente, di indicazione leghista, Francesco Persiani, è stato sfiduciato anche con i voti di Fratelli d’Italia. Persiani si ripresenta senza il sostegno dei meloniani, che appoggiano Marco Guidi. A Siena, i partiti della coalizione che attualmente governa la città avevano prima deciso di sostenere Emanuele Montomoli e poi di ritirarsi, cambiando in corsa e convergendo su Nicoletta Fabio. La città più tranquilla, diciamo, è Pisa, dove il candidato è il sindaco uscente e almeno su di lui non ci sono spaccature. La vittoria della Lega del 2018 fu fragorosa. Cinque anni prima i leghisti nemmeno esistevano a Pisa. Alle elezioni del 2013 avevano ottenuto 125 preferenze. Dopo un lustro i voti a Salvini erano diventati 9.784, cioè il 24,71 per cento. E ora?

[email protected]