Il Pd cerca di risolvere i problemi del M5s anziché pensare ai suoi

L’alleanza Pd-Cinque stelle, vecchio sogno del dinamico duo Zingaretti-Bettini, è tutt’altro che salda. I lavori in corso in vista delle amministrative

Il segretario del Pd Enrico Letta

Il segretario del Pd Enrico Letta

Firenze, 26 aprile 2021 - L’alleanza Pd-Cinque stelle, vecchio sogno del dinamico duo Zingaretti-Bettini, oggi rinverdita dal segretario Enrico Letta, è tutt’altro che salda. Verrebbe da dire che ricorda quell’“amalgama mal riuscito” di dalemiana memoria. Il cuore del problema è ancora una volta il M5s, già epicentro della crisi politica del governo Conte 2, oggi alle prese con una difficile rigenerazione affidata a Beppe Conte, che per l’occasione è diventato, dopo essere stato pater familias degli italiani e avvocato del popolo, il legale rappresentante di una parte dei Cinque stelle contro la Casaleggio Associati. Con i grillini è sempre tutta una questione di scontrini, di notai, di regole, di statuti e non statuti.

Eppure la faccenda, per quanto legalmente avviluppata, è semplice: la spinta antipolitica del M5s, l’unica che dal punto di vista del Casalgrillo (Casaleggio + Grillo) avesse senso e l’unica che fosse elettoralmente spendibile, è finita. Non da ora, ma da quando il M5s è arrivato al governo per la prima volta, conquistando legittimamente il potere. È lì che si è consumato il tradimento del rapporto fra la classe dirigente populista e il popolo. Non si può essere incendiari e pompieri allo stesso tempo.

I tentativi del Pd di rianimare l’alleato consumato dal tempo e da se stesso testimoniano ancora una volta la subalternità dei Democratici. Come se il Pd non potesse vivere senza l’ologramma a Cinque stelle, come ha dimostrato il drammatico sì al taglio del numero dei parlamentari nel settembre scorso e come dimostra il quotidiano inseguimento dell’alleanza con il M5s alle prossime amministrative, che tuttavia stenta a decollare.

A Roma, Virginia Raggi si ripresenta, il che rende impossibile per il Pd appoggiare la sua candidatura (c’è un limite anche al ridicolo). Il Pd si trova peraltro nella difficile condizione di fare campagna elettorale senza attaccare frontalmente Raggi, perché in caso di ballottaggio ci potrebbe essere un apparentamento per battere le cosiddette destre, secondo la definizione zingarettiana. A Torino, Chiara Appendino non si ripresenta ma Pd e Cinque stelle si sono combattuti fin dal primo istante. I Cinque stelle nel 2016 hanno anzitutto vinto a Torino contro il Pd. La scelta di un candidato di equilibrio (come il rettore del Politecnico Guido Saracco) è in stand-by. Nel frattempo il Pd sembra intenzionato a indire le primarie, il 20 giugno, come a Roma. A Bologna ci potrebbero essere le primarie fra Pd e Italia viva, anche se la sinistra preferirebbe evitarle e puntare tutto su Matteo Lepore, assessore di punta della giunta Merola. In ogni caso, Lepore alle elezioni potrebbe essere sostenuto dal M5s in caso di vittoria nei gazebo. “Io penso che il tema sia costruire un nuovo centrosinistra con al centro un progetto chiaro per la città, che sappia tenere insieme sinistra, M5S e le forze moderate che stanno dentro il progetto”, ha detto l’ex presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani, oggi senatore di Leu, in un’intervista a Repubblica. Come si capisce, anche a Bologna l’alleanza Pd-Cinque stelle dipende da molte variabili. A Napoli invece pare non ci siano dubbi. L’alleanza si farà e la questione semmai è chi sarà il candidato sindaco: il presidente della Camera Roberto Fico o l’ex ministro Gaetano Manfredi?

In questa lunga marcia di logoramento, da qualcuno descritta come di avvicinamento, chi ci perde di più è il Pd. Il M5s ha esaurito la sua funzione, il Pd dovrebbe occuparsi più di se stesso che degli altri. Anche perché il partito di Letta ha un problema di “percepito”, come lo ha definito Pierluigi Castagnetti. Peraltro mai come stavolta la percezione è sostanza: il Pd appare il partito dei garantiti e “forse qualche errore l’abbiamo pure fatto”, dice Castagnetti: “Quando le persone percepiranno il Pd come il partito che sta male con chi sta male e lavora per risolvere i suoi problemi, forse sarà sulla buona strada”. Fra chi sta male c’è senz’altro anche il M5s, che però non rientra nella categoria dei soggetti fragili di cui occuparsi.