Stare al governo è bello, ma il populismo si sgonfia

L’ex presidente del Consiglio ha covato per mesi la sua vendetta pubblica nei confronti di chi ha preso il suo posto

Pecore elettriche

Pecore elettriche

Firenze, 17 luglio 2022 - Sentivamo proprio il bisogno di questo Papeete 2, stavolta targato Beppe Conte e non Matteo Salvini. L’ex presidente del Consiglio ha covato per mesi la sua vendetta pubblica nei confronti di chi ha preso il suo posto e adesso, fra la guerra in Ucraina scatenata dai migliori amici dei Cinque stelle (e della Lega), l’inflazione che sale e la tutt’altro che conclusa emergenza sanitaria, ha ottenuto il risultato che cercava: portare alle dimissioni Mario Draghi, che non è messer Ciampolillo e quindi le ha rassegnate per davvero.

Adesso è cominciata un’operazione molto delicata di convincimento nei confronti di Draghi. Persino quelli che hanno dato agibilità politica ai Cinque stelle in questi mesi, anni, cioè il Pd e i suoi dirigenti, oggi si trovano nella condizione di chiedere al presidente del Consiglio dimissionario di ripensarci. Ma siccome Draghi non è, appunto, messer Ciampolillo, le motivazioni addotte potrebbero non essere sufficienti. Non è questione di fare il “ritroso”, come scrive il Fatto quotidiano. Tenere alla propria credibilità e alla propria faccia non significa adontarsi, sicché stupisce lo stupore di molti, nei confronti della condotta di Draghi (ma anche nei confronti della condotta del M5s).

Draghi ha detto subito che senza M5s non ci sarà un altro governo Draghi e che questo governo si regge solo se ci sono i Cinque stelle. Non si può insomma fare un governo senza i Cinque stelle: una condizione posta fin da subito, oltre un anno e mezzo fa. La non partecipazione dei grillini al voto di fiducia sul Dl Aiuti in Senato, lo ha spiegato Draghi nelle sue dimissioni, è stato un fatto politico preciso: «Le votazioni di oggi in Parlamento sono un fatto molto significativo dal punto di vista politico. La maggioranza di unità nazionale che ha sostenuto questo governo dalla sua creazione non c’è più. È venuto meno il patto di fiducia alla base dell’azione di governo». 

Insomma, c’è chi si stupisce per una persona che annuncia una cosa e poi la fa: si chiama serietà e non meriterebbe attonita meraviglia. Anzi, mi auguro che Draghi rimanga fermo dov’è. C’è chi agita lo spauracchio del voto, ma a questo punto perché tornare alle urne - peraltro essendo arrivati a fine legislatura - dovrebbe essere un problema? Da quando votare fa paura, specie se è un’alternativa al vivacchiare in attesa che i cinque anni di legislatura si concludano? L’altro stupore totalmente non necessario è quello causato dalla condotta dei Cinque stelle. Anche qui, niente di cui restare impressionati. Il M5s fa esattamente ciò per cui è programmato. Per anni ha costruito la propria fortuna sulla demagogia, prima di piazza e poi di Palazzo. Si è semplicemente accorto - con molto ritardo - che stando troppo al governo, il populismo perde la propria carica eversiva. Per questo Conte adesso cerca di fare l’aspirante Di Battista. È l’ultima carta che gli è rimasta.  [email protected]