Processi lentissimi e pochi giudici: la giustizia in Italia

I dati nell'ultimo rapporto della Commissione europea presentato oggi a Bruxelles

La sede della Commissione Europea a Bruxelles (Ansa)

La sede della Commissione Europea a Bruxelles (Ansa)

Firenze, 8 luglio 2021 - Oltre 1.300 giorni per arrivare al terzo grado di giudizio. La giustizia italiana è lentissima e non si avvertono significativi miglioramenti, avverte l’ultimo rapporto europeo sulla Giustizia, che analizza i dati del 2019 e che è stato presentato oggi a Bruxelles dal commissario Didier Reynders.

L’Italia è ancora un sorvegliato speciale. Qui “il tempo di attesa per terminare un caso civile o commerciale è diminuito per il secondo e il terzo grado ma è leggermente aumentato per il primo grado” ed è “il più lungo per il terzo grado. Anche i processi amministrativi restano sopra la media”.

C’è poi un problema di personale. Sulla qualità della giustizia italiana “abbiamo visto dei miglioramenti con la digitalizzazione del sistema giudiziario” ma “rimane il problema delle risorse umane perché il numero di giudici resta uno dei più bassi tra gli Stati membri”.

La giustizia italiana “deve continuare a lavorare sulle risorse umane, ho visto che ci sono delle proposte di separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e requirenti, ma devono aumentare i numeri”. Secondo il rapporto, poi, “la percezione dell’indipendenza della giustizia è aumentata tra le persone, ma è diminuita tra le aziende”.

L’Italia ha preso un impegno con l’Europa, ha ricordato Reynders, per ridurre i tempi dei processi (del 40 per cento per i procedimenti civili e del 25 per quelli penali). In caso contrario non riuscirà ad accedere ai fondi del Pnrr. “Monitoreremo l’evoluzione”, ha avvertito il commissario. Una riduzione dei tempi delle cause civili, oggi i più lunghi di tutta Europa, “avrebbe un effetto positivo” sull’economia italiana e “sull’attrattività” del Paese “per gli investimenti, ma dobbiamo vedere quale tipo di evoluzione ci sarà”.

Un imputato, commenta Walter Verini, deputato del Pd e componente della commissione giustizia, intervistato da Ns1 Radio, “non può essere imputato a vita. Uno non è colpevole fino al terzo grado di giudizio. L’imputato ha diritto di essere giudicato in tempi ragionevoli. Poi c’è anche il diritto delle vittime dei reati di avere un esito processuale in tempo ragionevole”.