Cresce la pioggia di ricorsi contro il regolamento di tracciabilità del Comune. Ieri, dopo la scadenza dei 60 giorni necessari per opporsi al regolamento che prevede certezze sull’origine dei blocchi predisposto dal Comune, sono arrivate a palazzo civico decine di notifiche di ricorsi al Tar. Al momento sono 18 soltanto i ricorsi al Tar presentati dal pool di legali costituito da Riccardo Diamanti, Antonio Lattanzi, Sergio Menchini e Roberto Righi, a cui va aggiunto George Claude Botti che segue tre di esse.
Per dovere di cronaca va precisato che i nomi delle sette aziende ieri annunciati non corrispondono a tutti i ricorsi presentati sulla tracciabilità, ma a quelli sui Pabe. Nel caso specifico la ditta Calacata Crestola precisa e smentisce "di non aver mai incaricato di promuovere l’azione attribuita, né di aver rilasciato alcuna relativa procura ad litem". Ci scusiamo innanzitutto con i lettori e con le ditte interessate per l’errore.
Intanto da parte dei legali si viene a sapere che il motivo dell’impugnazione, a cui sembra stia aderendo la maggior parte delle aziende di escavazione, sia legato all’articolo 2 del regolamento della tracciabilità, quello che prevede che gli informi abbiano la lavorazione in loco al 50 per cento allo stesso modo dei blocchi.
"Questo è un paletto inamovibile per le aziende – raccontano fonti degli industriali –. La lavorazione degli informi non può rientrare nella filiera corta. Un masso informe ha una resa inferiore al 30, 40 per cento. Per un’azienda significa una perdita netta sia per il costo dei macchinari che in zona non ci sono e che costituirebbero investimenti che superano il milione emezzo di euro, sia per la concorrenza con i paesi asiatici e la Turchia che hanno un costo della manodopera nettamente inferiore.
Da un informe non è possibile ricavare lastre, ma soltanto mattonelle e qui entra in gioco anche la concorrenza con la ceramica che ha prezzi decisamente inferiori. Quindi noi chiediamo che venga tolta dall’articolo 2 del regolamento della tracciabilità la richiesta di lavorazione in loco degli informi. Significherebbe chiedere di lavorare in perdita con ripercussioni sull’occupazione". Un argomento sul tavolo del marmo dal 2016 i cui nodi adesso che il regolamento è pronto, arrivano al pettine. Oltre alle 18 ditte del pool di legali ce ne sono altre sette a da palazzo civico assicurano che ne stanno arrivando altre. "Questo è il cuore del problema – prosegue la spiegazione della motivazione delle imprese – se si risolvesse la questione degli informi si risolverebbero anche tutti gli altri nodi del marmo, ma questo da parte delle aziende non è assolutamente superabile e da qui a cascata arrivano gli altri ricorsi".
Un blocco di aziende che costituisce un fronte di battaglia vasto e compatto e che potrebbe pregiudicare i prossimi tavoli che sono in programma in questo caldo autunno del lapideo.
Pertanto il 22 ottobre è in scadenza il disciplinare sull’articolo 21. Il Comune dovrà nominare un tecnico ad hoc che sovrintenda gli interventi dell’articolo 21.
Fra gli argomenti che rischiano di aprire nuovi contenziosi anche il regolamento che disciplina le gare per quelle aziende che hanno avuto la caducazione.