
Alfredo Susanna
Lucca, 17 febbraio 2015 - Rompre il silenzio, Alfredo Susanna. Un silenzio lungo oltre un anno, dopo il fallimento della Pallacanestro e le tanti voci che si sono rincorse negli ultimi mesi. E lo fa in questa intervista esclusiva. Dove risponde a tutte le domande su passato, presente e futuro. Una chiacchierata in cui si mescolano amarezza per quanto avvenuto ma anche voglia di nuove scommesse. Se lo chiedono in molti: che fine ha fatto Alfredo Susanna? «Devo fare una piccola premessa: ho trovato la pace e l’equilibrio con me stesso, la famiglia e i tanti amici che mi sono rimasti sempre vicino. Adesso tutte le energie le dedico a mia moglie, ai figli e al lavoro. Ho scoperto degli hobbies per i quali prima non avevo tempo, come il ballo e la cucina. Ma soprattutto, sono vivo e lotto». Lei un anno fa ha mollato la Pallacanestro, che poi è fallita. E i motivi di questa scelta non sono ancora chiari. Un trauma per gli appassionati e la città, condito da polemiche a non finire. «Ho mollato quando, invece, c’erano tutti i presupposti per farcela. Sono sempre stato discusso per la mia provenienza, non sono mai stato accettato fino in fondo». Se c’erano tutti i presupposti per andare avanti, perché allora ha lasciato tutto? Cosa ha provocato il fallimento della Pallacanestro? Si parla di mancanza di soldi. «Ero come a 20 metri da un’isola, ma mentre remavo e remavo, la forza del mare e le correnti, mi allontanavano da questa salvezza che era a portata di mano. Certamente c’erano difficoltà finanziarie (e sfiderei chiunque delle altre realtà a dire il contrario in questo particolare momento storico), ma non così insormontabili. Alla fine di gennaio eravamo indietro con il pagamento di alcuni giocatori di una mensilità, altri di due mensilità, ma nel frattempo cercavamo di reperire i fondi per andare avanti. Avevamo annunciato la sponsorizzazione di un’importante azienda lucchese. Potevano ancora esserci le condizioni per finire la stagione. Poi in pochi giorni è successo di tutto: una promessa di sponsorizzazione che improvvisamente si è dimezzata, il comunicato dei giocatori che ha irrimediabilmente allontanato eventuali nuovi sponsor contattati. Avevamo comunque un 60 per cento di sponsor per poter affrontare il campionato futuro di Lega Gold, anche se il palasport di Lucca non ci avrebbe permesso di giocare nella nostra città perché sarebbero stati necessari 3mila posti per il pubblico...». Scusi, se come dice le condizioni c’erano, l’addio risulta ancora piu’ incomprensibile. «A un certo punto ho capito che una parte di Lucca non accettava la crescita della società di basket, che aveva già raggiunto i suoi obiettivi. Pensi che da Lucca, in due anni, avevo ricevuto soltanto tredicimila euro di sponsorizzazione. Poi, quando ho capito che Jolanda Zambon, Franco Montorro e Camillo Auricchio non potevano portare nulla di concreto anche da un punto di vista economico, mi sono rimboccato le maniche andando a bussare alle porte delle realtà più importanti della città ma le ho trovate tutte chiuse, perché una parte di Lucca, lo ribadisco, non mi ha mai accettato e quindi non mi è stato permesso di fare di piu». Quindi Susanna non dà tanto la colpa a sé stesso, quanto agli altri... «Arrivato al bivio, mi sono detto: perché continuare a insistere? Dopo aver lavorato giorno e notte per tre mesi, girando in lungo e in largo l’Italia, aver coinvolto nomi importanti come Versace e Locman, mi sono reso conto che ormai il tempo scarseggiava. Mi sono sentito male. Certo, riconosco di non aver lottato fino alla fine. Ma ero stanco». La Pallacanestro le manca? «Certo che mi manca, tantissimo. La passione c’era e c’è ancora, ho dato sempre il massimo. Rifarei tutto quello che ho fatto. Comunque, se proprio lo vuole sapere diciamo pure che, col senno di poi, oggi non avrei mollato». Adesso lei è tornato alla sua attività imprenditoriale con Arca Impresa: anche su questo fronte si rincorrono una serie di voci non proprio positive. «Oggi vanno nettamente separate le due vicende, quello che è successo al basket e la mia attività imprenditoriale. Non ho mollato su Arca Impresa, anzi. Sono operativo al massimo nella mia attività di sempre, non l’ho mai abbandonata e il vantaggio è che adesso posso seguirla a tempo pieno. Nel settore delle costruzioni si vive un periodo di estrema difficoltà, ma le mie aziende per fortuna sono ancora solide». L’ottimismo non le manca. «Più che ottimismo è la realtà dei fatti. Tutte le attività imprenditoriali nelle quali è coinvolta Arca Impresa e il sottoscritto, sono in fase di ultimazione con un discreto successo. Fra l’altro, negli ultimi mesi, abbiamo avuto la netta sensazione che c’è interesse e accoglimento, da parte del mercato immobiliare, per la qualità degli interventi che stiamo facendo. Quindi, a tutte le dicerie rispondo con i fatti». Perchè dunque ci si dovrebbe affidare ad Arca Impresa? «I nostri cantieri sono sicuri, tutti complessi residenziali in classe A ma non solo: anche immobili nel settore terziario. Insomma, Arca Impresa è un approdo sicuro e vogliamo infondere fiducia: io ci sono». E come vede il futuro di Lucca? «Lucca è lenta rispetto alle città vicine, deve azzardare un po’ di piu’. Avrebbe tanti numeri e cose da dire, pero’ le serve maggiore progettualità e ambizione per investire sul suo futuro». Si sente piu’ lucchese o calabrese? «Ho fatto la prima elementare in Calabria, ma poi mi sono trasferito qui, dove sono cresciuto: ho una moglie lucchese e amici lucchesi. Insomma, se dovessi fare una somma della mia identità, le dico che sono orgoglioso di essere calabrese ma mi sento soprattutto lucchese. La città ha pregi indiscutibili come l’ospitalità e l’accoglienza, mentre essere testardi e voler puntar ad un obiettivo e arrivare a centrarlo, cioè la mia caratteristica principale, qui viene considerata un difetto». Visto che abbiamo affrontato l’argomento del futuro di Lucca, chiudiamo con una domanda analoga ma che riguarda direttamente lei. Quale è il futuro di Susanna e Arca Impresa? «Non siamo stati fermi. Abbiamo ottenuto la certificazione di qualità SOA e, visto che Arcaimpresa rappresenta una realtà imprenditoriale affermata, vogliamo puntare sui lavori per privati ed enti pubblici. Insomma, l’obiettivo è tornare a lavorare anche per terzi, oltre che aumentare le potenzialità della specializzazione della mia attività. Lo ribadisco, vivo e lotto: è la mia filosofia di vita».
Remo Santini