Muro del pianto, cuoio e cartone. Le valigie che non sono tornate

A Palazzo Vecchio per il Giorno della Memoria la celebre installazione di Fabio Mauri. Al Museo Novecento una mostra in cui l’artista si interroga sul significato del Male

Muro occidentale o del pianto. Da sinistra Sacchi, Funaro, Marramao, Risaliti

Muro occidentale o del pianto. Da sinistra Sacchi, Funaro, Marramao, Risaliti

Firenze, 27 gennaio 2020 -  Valigie, bauli, borse di diverse misure e materiali, accatastati in modo ordinato a costruire un muro alto quattro metri. Su ogni valigia un cartellino con nome, cognome e indirizzo, ad auspicare un ritorno che non c’è mai stato. E’ Il Muro Occidentale o del Pianto di Fabio Mauri, innalzato nella Sala dei Gigli a Palazzo Vecchio, secondo un progetto del Museo Novecento (domani l’inaugurazione) in occasione del Giorno della Memoria.

Mauri, tra i maggiori esponenti delle neoavanguardie del secondo Novecento e scomparso nel 2009, presentò il suo muro per la prima volta nel 1993 alla Biennale di Venezia, e l’installazione diventò subito un monumento di forte impatto e un invito alla riflessione sui temi dell’esilio, dell’esodo forzato, delle migrazioni. "Il “Muro Occidentale o del Pianto”, come viene chiamato a Gerusalemme i resti del Tempio di Salomone – spiegava lo stesso Mauri – è qui riedificato con valigie. Il morbido, il duro, il cartone, il cuoio sono, in questo muro, pietre e persone, un unico collage autoportante. Anche ad Auschwitz uno dei documenti più impressionanti lo edifica un cumulo di bagagli".  

A Fabio Mauri è dedicata inoltre la mostra appena inaugurata al Museo Novecento di piazza Santa Maria Novella, dove l’artista continua, con le sue opere, a interrogarsi sul ruolo del “male” nella storia dell’umanità, sui meccanismi della violenza e dell’omologazione. Come nel caso della serie pressoché inedita dell’Apocalisse (degli anni Ottanta) e i Dramophone, in cui l’immagine del disco come “mondo già inciso” richiama il tema della predestinazione del destino. La riflessione sul linguaggio come strumento volto a ridefinire lo spazio ritorna nella linea di orizzonte creata dagli scatti di Linguaggio è guerra (1974), immagini tratte da riviste illustrate che invitano a soffermarsi sul valore del linguaggio come arma.  

All’inaugurazione del “Muro” a Palazzo Vecchio sono intervenuti gli assessori Tommaso Sacchi, Sara Funaro e Alessandro Martini e il direttore artistico del Museo Novecento Sergio Risaliti. A seguire un breve talk del professor Giacomo Marramao, filosofo legato all’artista romano da una lunga amicizia, dal titolo L’orrore della shoah nell’arte di Fabio Mauri. Inoltre, per il Giorno della Memoria il museo è aperto a ingresso gratuito per tutta la giornata. Tra le iniziative in corso, anche l’installazione Chinese Whispers di Simona Andrioletti e Riccardo Rudi, che fa risuonare all’interno del loggiato del Museo Novecento il “telefono senza fili” (in lingua inglese “Chinese Whispers”) di nove persone di nazionalità diversa che hanno lasciato il proprio Paese e recitano nella propria lingua madre i versi della poesia Girovago di Giuseppe Ungaretti. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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