GABRIELE MANFRIN
Cronaca

La città piange Pezzati. Marco andava dai parenti. Il ricordo degli amici: "Per sempre con noi"

Il 31 enne è morto dopo essersi ribaltato con la sua auto in Calabria. Nei prossimi giorni è attesa l’autopsia e solo dopo i funerali. Striscioni, applausi e commozione. Il cordoglio della Fiesole.

La città piange Pezzati. Marco andava dai parenti. Il ricordo degli amici: "Per sempre con noi"

La città piange Pezzati. Marco andava dai parenti. Il ricordo degli amici: "Per sempre con noi"

"L’ho sentito due giorni fa, ancora non mi sembra vero. E’ una tragedia, lo porteremo sempre nel cuore. Per lui l’amicizia era fondamentale. Era disposto a tutto per aiutare un ’fratello’ in difficoltà. Un ragazzo di cuore". Le serate a ballare, le giornate al mare, i pomeriggi sulle sedie del bar di San Giusto. E poi i ricordi, gli aneddoti, la curva, le vacanze, i tempi andati: gli storici amici di Marco Pezzati, guardano la morte del calciatore fiorentino e si commuovono. Quel mix di rabbia, delusione e incredulità per aver visto la vita un giovane compagno spezzarsi. E’ scomparso a soli 31 anni, nella notte di mercoledì, dopo aver tragicamente perso il controllo della sua auto ed essersi ribaltato nel comune di Isca di Jonio in Calabria, dove si era trasferito per giocare nel squadra del San Luca e inseguire la sua passione: il calcio. Marco, sarebbe morto sul colpo, mentre provava a raggiungere dei parenti a Capo Rizzuto: per questo avrebbe imboccato quel maledetto tratto di strada, la 106, dove gli incidenti sembrano essere la regola. Nei prossimi giorni è attesa l’autopsia e poi il rientro a casa, nella sua Firenze dove per la prossima settimana sarebbero previsti i funerali.

Un ragazzo solare, esplosivo, senza filtri, lo descrivono così gli amici di una vita, con la voce rotta dallo sconforto. La notizia della sua morte ha portato sgomento nella comunità scandiccese e non solo. I post di dolore hanno invaso i social come il cordoglio delle società calcistiche in cui ha militato.

Giovedì una trentina di amici, tra i più stretti, si è ritrovata al circolo di San Giusto per una cena in suo onore. Già, perchè Marco era molto legato a questo posto. "E’ dura da realizzare– dice Leonardo Santini, presente alla cena –. Ho migliaia di ricordi: dalle giornate al mare, alle serate a ballare, ai pomeriggi i al bar. Lo conosco dalle Elementari, andavamo a calcio insieme. Era un ragazzo esplosivo, con lui non ti annoiavi. Non lo scorderemo".

Marco, San Giusto se la portava nel cuore. E’ qui che da ragazzo si ritrovava con gli amici. Spesso è da qui che partiva per andare in curva con tutta la banda. E’ qui che ci sono i ricordi indelebili di quella grande compagnia, di cui il “Pezza“ era un perno fondamentale e che una decina di anni fa affollava le sedie di quel bar che si chiamava “Peperita“, o meglio “La Pepe“. Lo sa bene Tommaso Squilloni, distrutto dalla tragedia. Per lui “ì Pezza” era più di un amico, era un fratello: "Le parole non ci sono – dice sconvolto – mi mancherà sempre. Sono ricordi indelebeli. Lo stadio, le risate. E’ una tragedia. Continua a vivere dentro di noi". Tanto il cordoglio espresso anche dal mondo ultras. Sotto la curva un gruppo di tifosi ha esposto uno striscione: "Questa volta è la tua curva che lo canterà, giovane Merenda (come veniva chiamato Marco), nel cuore degli ultras" e poi i cori, gli applausi, i fumogeni, le lacrime, e certo, anche la rabbia, l’incredulità, il dolore. Su uno dei cancelli della Fiesole, che tante volte aveva attraversato Marco, campeggia ora una scritta. E’ di colore viola, come era la sua fede: "Ciao Leone..Ciao Pezza", c’è scritto. Ma sono tanti anche i gruppi delle altre squadre che hanno dedicato un pensiero a “Marchino“. "Per un altro leone che cade, un altro si rialzerà. Ciao Pezza", è lo striscione esposto dagli ultras dello Sporting Lisbona durante la partita di coppa. Dolore anche nel mondo del calcio: "Insegna agli angeli cosa vuol dire fare calcio champagne", ha scritto Niccolo Lorenzi, ex compagno di squadra e amico di vecchia data: "Lo dicevamo tra di noi – spiega commosso – era un modo per scherzare. Cercavamo di dare sempre spettacolo. Nasce da qui". E proprio De Gregori, ne “la leva calcistica del 68“, cantava che un giocatore si riconosce dal coraggio e dalla fantasia. Ecco, Marco era un giocatore dentro e fuori dal campo.