Moby Prince, altre prove contro la petroliera

I satelliti confermano: la supernave era nell’area vietata. I parenti delle 140 vittime: "Al processo è mancata la volontà di capire"

Il rogo della petroliera Agip Abruzzi dopo l’impatto con il traghetto

Il rogo della petroliera Agip Abruzzi dopo l’impatto con il traghetto

Livorno, 4 luglio 2020 - Il 10 aprile del 1991 la tragedia del Moby Prince. Il traghetto urta una petroliera ferma davanti al porto di Livorno. Si sviluppa un incendio, i soccorsi tardano a scattare e muoiono 140 persone. Ora l’analisi con nuove tecniche di vecchie foto satellitari conferma, che la petroliera si trovava all’ancora in una zona vietata. E questo spiega almeno le ragioni dell’impatto.

«La verità è vicina, è già tutto scritto". Non ha dubbi Loris Rispoli, presidente di ’#io sono 141’ che ricorda le vittime del Moby Prince. Il dolore dei familiari è incessante, una rabbia che non riesce a sfogarsi nemmeno di fronte ad una condanna. Perché sulla tragedia del Moby, il 10 aprile del 1991, non c’è ancora la parola fine. Ora parlano le immagini satellitari – analizzate da Gabriele Bardazza consulente dei familiari e dal collega Alfred Komin, come riportato dal Corriere della Sera – che chiariscono la posizione della petroliera Agip Abruzzi al momento della collisione con il traghetto Moby Prince. Quella notte era ancorata nell’area di divieto, quel trangolo davanti al porto di Livorno che deve essere libero dagli ormeggi per non ostacolare l’ingresso e l’uscita delle navi.  

«Le immagini satellitari non sono nuove, ma ora sono state rilette grazie alle tecnologie. Hanno rivelato la posizione esatta della petroliera ma già nell’allora sentenza del giudice Lamberti c’era scritto che si trovava nel triangolo maledetto. Perché non è stato messo in atto alcun provvedimento nei confronti dell’Agip? Queste foto erano agli atti del processo. C’era tutto, ci voleva solo la volontà di capire". Una nuova lettura, un passo avanti verso la verità. "Davanti al porto è vietato l’ancoraggio ma la petroliera c’era. Questo va a spiegare un’altra mossa: un mese dopo la tragedia c’è stato un accordo assicurativo tra Snam e Navarma, una risarciva i familiari delle vittime, l’altra si prendeva in carico gli sversamenti. Poi il processo, una farsa...". Dopo anni di silenzio, il lavoro fatto dalla commissione parlamentare ha riacceso i riflettori sulla tragedia? "Sì perché ha stabilito che non c’era nebbia quella sera; che la petrioliera era ormeggiata nella zona di divieto; che la Navarma e la Snam fecero accordo assicurativo. La commissione ha ripreso i documenti scientifici ed è evidente che alcune persone sono morte dopo ore". Una battaglia infinita. Lei è convinto che la verità sia vicina? "Sì. La verità è scritta. Abbiamo incriminato dirigenti Thyssen perchè i sistemi di sicurezza in fabbrica non erano adeguati. Anche sul traghetto i sistemi di sicurezza dovevano essere adeguati, invece 140 persone sono morte bruciate. Ci sono le responsabilità di tanti che, in un paese democratico, avrebbero dovuto essere sul banco degli imputati". © RIPRODUZIONE RISERVATA