"Così sono scampato alla morte"

Rocco Leone, una vita per gli ultimi "Scosso ma illeso, presto a Firenze"

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Firenze, 24 febbraio 2021 - Rocco Leone è stato dimesso in queste ore dall’ospedale congolese dov’era stato ricoverato sotto choc dopo che il massacro di lunedì gli era sfilato davanti agli occhi, per fortuna senza trascinarlo in scena, come un film dell’orrore, il più devastante degli incubi. Rocco fisicamente sta bene. Non ha neanche un graffio sulla pelle, e questa è la notizia certamente più confortante, ma è molto scosso. Negli occhi e nella testa restano tatuati i fotogrammi agghiaccianti dell’agguato di lunedì, fotogrammi indelebili dell’assalto terroristico che ha trucidato l’ambasciatore Luca Attanasio, il carabiniere Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo, autista del programma alimentare mondiale dell’Onu per il quale Leone, 57 anni e una vota spesa per gli altri lavorava come direttore aggiunto del World Food Programme (Wfp). Rocco – pratese di origine ma da tempo residente in via dei Serragli, cuore dell’Oltrarno, con la moglie Paola Coli – dovrebbe parlare in queste ore con i carabinieri del Ros, giunti in Congo su delega della procura di Roma per acquisire i verbali delle testimonianze raccolte dagli inquirenti locali. «Sta bene, speriamo ce le restituiscano presto" è la rassicurazione e insieme l’auspicio dei parenti di Rocco, a cominciare dalle sorelle Maria Grazia, odontoiatra a Prato, e Manuela, dipendente di un istituto bancario a Firenze. Sono loro, insieme alla moglie, a cercare di tenere i contatti con il paese africano (per ora l’anziano padre del dirigente del Wfp, insegnante in pensione, è stato prudentemente tenuto all’oscuro di tutto). Nessuno dei parenti pratesi fino a ieri ha potuto parlare con Rocco Leone, a differenza della moglie. "Sì, l’ho sentito per qualche minuto – racconta la donna che abbiamo raggiunto telefonicamente ieri pomeriggio –. Per ora posso solo dirvi che Rocco sta bene e non ha ferite ma è spaventatissimo". Paola fa una pausa, la tensione di queste ore non si è ancora sciolta. "Mi hanno assicurato che presto sarà in Italia, altro non saprei dire – aggiunge –. Parlerà lui, se ne avrà voglia, quando sarà a casa". Prima di congedarciPaola dice di non poter contattare di nuovo il marito in queste ore ("Non ha dietro un telefono, quando ci ho parlato me l’hanno passato") e di non avere un collegamento diretto con la Farnesina. Rocco e Paola sono una coppia garbata e gentile, ma molto discreta, in pochi li conoscono bene in Oltrarno. Nessuno dei parenti ha per ora molta voglia di aprire bocca sulla vicenda, ma dai racconti anche di conoscenti e amici emerge un ritratto di Rocco Leone – "creda, un ragazzo d’oro" – come di un uomo che ha sempre avuto i viaggi nel sangue, in Africa in particolare, accompagnati da un forte senso di solidarietà verso le popolazioni più svantaggiate. Studente al Cicognini di Prato, originario di una famiglia "semplice, fatta di gente che si è fatta da sé" assicura chi la conosce, Rocco Leone si è brillantemente laureato in matematica, come la moglie, a Firenze. Da ragazzino ha frequentato gli scout cattolici dell’Agesci, poi ha girato mezzo mondo, prima della Repubblica Democratica del Congo dove si era stabilito da un paio danni, aveva lavorato in Sudan. Leone, con l’ambasciatore, il carabiniere e personale africano, lunedì, si stava recando da Goma alla cittadina di Rutshuru, una zona particolarmente povera, proprio per coordinare un programma di aiuti.