"Se i numeri non tornano si rifanno i certificati"

Nel 2018 il capo impianto del consorzio Aquarno chiama l’addetta di un laboratorio di analisi. E formalmente i limiti erano rispettati

L’Arpat, agenzia regionale, svolge a Santa Croce sull’Arno controlli periodici sulle acque

L’Arpat, agenzia regionale, svolge a Santa Croce sull’Arno controlli periodici sulle acque

Firenze, 20 aprile 2021 - «Se c’era un numero che non tornava, quante volte s’è rifatto i certificati". La telefonata del 16 luglio del 2018 è evidenziata in neretto. Per i carabinieri che ascoltano, la conversazione fra Cristina Brogi, capo impianto trattamento acque del consorzio Aquarno, e un’addetta di un laboratorio di analisi, è la "spia evidente" che quando i campionamenti certificavano uno sforamento, si cercava una soluzione per rientrare nei limiti. Anche truccando i dati. Ma per comprendere la catena di controlli che, secondo le accuse della dda di Firenze, sarebbe stata elusa o aggirata, è necessario illustrare il regolamento delle analisi. Le singole concerie di Aquarno recapitano con cadenza settimanale al Consorzio un campione dei propri scarichi. Ad analizzarlo, il laboratorio interno diretto proprio dalla Brogi, indagata e destinataria di una misura interdittiva, che si avvale a sua volte di consulenze esterne di strutture private. Come nel caso dell’intercettazione del 16 luglio 2018.I risultati vengono poi inviati al Consorzio depuratore di Santa Croce: chi sfora i limiti, paga penali direttamente al Consorzio. Anche l’Arpat ha il dovere di controllare, con cadenza quindicinale.

Prima della telefonata intercettata, i carabinieri forestali di Pontedera hanno sequestrato dei cassoni di rifiuti. In quello che avrebbe dovuto contenere del dissabbiamento, riferisce il direttore del settore trattamento acque di Aquarno Nicola Andreanini al presidente dell’Associazione Conciatori Alessandro Francioni, i carabinieri ci hanno trovato dentro "pezzettini di pelle e di pelo", e questo "a loro non tornava". Francioni vede come unica soluzione quella di "portare i cassoni in discarica".

Il 27 settembre, un’altra telefonata dal laboratorio per la Brogi: la capo impianto di Aquarno viene informata che "le analisi del consorzio recupero cromo prsentavano valori più alti del solito". La Brogi chiedeva che le venissero inviati i dati via mail, in modo che potesse guardarli sia lei che Andreanini. E precisa di "non redigere il certificato". Stessa richiesta, di non ’ufficializzare’ il risultato anche il successivo 3 dicembre, quando a presentare "valori diversi rispetto agli altri anni" sono i piezometri. Nuovamente, Brogi invita il laboratorio a "non fare il certificato e di mandarle i risultati per condividerli con il direttore". Per gli inquirenti, le richieste di non fare i certificati con i risultati delle analisi confortano l’ipotesi "che tale documentazione venisse indebitamente aggiustata". Un’ulteriore "mistificazione della realtà", scrive il giudice nella sua ordinanza, sarebbe stata intercettata il 14 gennaio 2019, quando la Brogi, innervosita per un campione che "presentava criticità", intende rimandarlo nuovamente. Il secondo prelievo è stato fatto dopo lo spurgo: "Come sempre il certificato va fatto sul secondo campione, quello pulito", dice. A differenza dei controlli dei Forestali, le ispezioni di Arpat erano programmate e questo permette, scrive ancora il giudice, "di fare aggiustamenti preventivi sulla consistenza degli scarichi".