De Paolis: "Così ho salvato la vita al portiere"

L’ex giocatore di Sangiovannese e Altotevere Sansepolcro protagonista di un gesto da eroe. "Nell’Aretino i miei anni più belli"

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di Claudio Roselli

AREZZO

Ha salvato la vita al portiere della squadra avversaria dopo che l’arbitro lo aveva cacciato dalla panchina. Il mister-eroe è David De Paolis, il longilineo ex difensore e centrocampista che a cavallo fra la fine del vecchio e l’inizio del nuovo millennio (1999-2001) ha giocato con Sangiovannese e Sansepolcro. Nativo di Montefiascone, in provincia di Viterbo, De Paolis compirà 41 anni il prossimo 5 aprile ed è il tecnico del Cura Calcio, portacolori dell’omonima frazione di Vetralla, sempre nel Viterbese, che milita nel campionato di Prima Categoria laziale.

Domenica scorsa, il Cura stava disputando il match interno (poi sospeso) contro l’Allumiere e lui era stato da poco espulso per proteste; a un quarto d’ora dalla fine, il portiere ospite Tiziano Galimberti di 21 anni subisce una ginocchiata al collo (si è trattato ovviamente di un’azione di gioco) e finisce a terra privo di sensi. De Paolis, che era seduto sulla tribunetta, intuisce subito la gravità della situazione e – favorito anche dal cancello della recinzione che non era chiuso con il lucchetto – si precipita in campo, corre per 30-40 metri e arriva sul posto, dove nota che il giovane portiere è completamente rigido con la mascella serrata.

"Ero accanto a mio padre – racconta De Paolis – e siamo andati assieme: in due, siamo riusciti ad aprirgli la bocca e a rianimarlo. Un’immagine, quella del volto di Tiziano, che non scorderò. Tutto bene, anche grazie a circostanze favorevoli come appunto il cancello rimasto aperto". Questione di attimi, che però hanno rivestito un peso determinante: Tiziano si è risvegliato, per quanto scombussolato e incapace di realizzare quanto gli era accaduto. Una settimana e tornerà fra i pali. Il gesto di coraggio e generosità – così è stato definito – ha avuto la giusta ribalta nazionale sul Tg1 Rai delle 20 di lunedì, confezionato per quello che è diventato: una bella pagina di storia umana, scritta attraverso lo sport.

"Sarà stato anche per la professione che svolgo, quella di operatore in un centro rieducativo per disabili – precisa De Paolis – che l’istinto mi ha suggerito di intervenire, prendendomi anche serie responsabilità, perché se il ragazzo fosse morto chissà cosa sarebbe potuto capitare a me e a mio padre. Della serie: chi vi aveva autorizzato? E invece, è valso proprio la pena rischiare".

"Non so come io possa minimamente sdebitarmi nei suoi confronti", gli ha detto il portiere in videochiamata sul telefonino, una volta scampata la grande paura. "Ci mancherebbe - gli ha risposto De Paolis – abbiamo fatto quello che era necessario fare".

Poi ricorda i trascorsi nell’Aretino: "Due belle piazze, San Giovanni e Sansepolcro; nella prima ho vinto la D, nella seconda ho anche frequentato l’ultimo anno del tecnico commerciale e non appena mi sono sposato ho voluto portare mia moglie a rivedere i luoghi della carriera calcistica; ovviamente a Sansepolcro, dove ho ancora qualche amico, abbiamo ammirato le opere di Piero della Francesca".

Un giorno da protagonista, anche se… "Non mi sento assolutamente un eroe – ha detto con il sorriso De Paolis – perché io e gli altri in quel momento sentivamo di dover fare qualcosa, come credo sia normale quando si veda una persona in grosse difficoltà".