"Vi porto nel mio mondo, al buio": cena con lo chef cieco Anthony Andaloro

Cena sensoriale al Circolo Artistico con i commensali bendati e la partecipazione ad Agrietour con i Ragazzi speciali per lo stellato chef messinese. La sua storia e il suo esempio contro la discriminazione della disabilità nella nostra intervista

Anthony Andaloro con Federico Calvelli e Antonella Gallorini al Circolo Artistico

Anthony Andaloro con Federico Calvelli e Antonella Gallorini al Circolo Artistico

Arezzo 20 novembre 2018 - “Vi porto nel mio mondo, al buio, che non è lugubre come sembra, anzi, vi aiuterà ad affinare e moltiplicare tatto, olfatto, gusto, udito”. Un mondo fatto di odori, sapori, di tradizione e di innovazione perché la cucina non ha né limiti né barriere proprio come sta insegnando lui, uno dei quattro chef ciechi al mondo, “blind chef” per l’esattezza, ma l’unico a girare in Italia e all’estero per far capire che perdere un senso non vuol dire rinunciare alla vita e che tutto è possibile. Lui è lo chef 5 stelle Anthony Andaloro, siciliano, ex culturista, ex rallysta, ex restauratore dopo aver studiato all’accademia di belle arti di Brera, ex scavezzacollo si direbbe, che dopo una diagnosi di retinite pigmentosa e, dopo, anche del morbo di Stargardt, scopre che diventerà cieco.

La racconta volentieri la sua storia, anzi le due sue storie, quella di Antonio, prima di perdere la vista, e quella di Anthony, la rinascita. Lo fa con entusiasmo e ironia, spazzando via ogni imbarazzo, scherzando sulla propria cecità che diventa un vantaggio quando organizza le cene sensoriali. Lui in cucina a preparare i piatti che lo hanno reso famoso e pluripremiato, a tavola i commensali con mascherina e a lume di candela a provare cosa vuol dire mangiare e bere senza vedere, a non riuscire nemmeno a portare il cibo alla bocca. “Attenti che vi tengo d’occhio” esordisce ad Arezzo dove è arrivato direttamente da Messina, viaggiando da solo per inciso, per partecipare ad Agrietour a favore dei Ragazzi speciali di Sara Rapini che lavorano per la Conserveria e per organizzare la sua cena sensoriale al Circolo Artistico invitato da Federico Calvelli e Antonella Gallorini, una serata che è servita a raccogliere fondi per la realizzazione di un ascensore.

“La mia mamma non mi ha fatto il tasto off” avverte subito, e così lo chef Andaloro inizia il racconto della sua vita: “Era il 2002 quando si sono spente le luci. Lo sapevo che sarei rimasto cieco ma quando succede non sei pronto. Anch’io ho fatto il viaggio della speranza, sono andato a Cuba, tra l’altro combattendo con l’assessorato alla sanità e con il ministero della salute che mi vietavano di andare. Ho dovuto farmi assistere da un legale per avere il diritto di aver assistenza all’estero, ma in Italia non c’erano medici, né terapie, né attrezzature di avanguardia per affrontare un trapianto. A Cuba mi hanno dato il 5 per cento di possibilità di sbloccare la situazione, il 45 per cento di non ottenere nessun risultato e il 50 per cento di rallentare la patologia. Ci ho provato, ci ho sperato fino alla fine. Sono tornato con tre decimi e mezzo, un’emozione indescrivibile. Poi nel 2006 mi hanno diagnosticato il morbo di Stargardt, una patologia ereditaria. Era destino che diventassi cieco”.

Un destino che Antonio non accetta. Per due anni e mezzo smette di vivere, entra in depressione, gli amici spariscono, gli affetti lo abbandonano, per la società è come se non esistesse più. Poi dice basta: “Il 27 maggio 2012 Antonio muore e rinasce Anthony - racconta con l’orgoglio di chi ha trovato la forza di farcela da solo - alzati, mi sono detto, lotta, combatti, dimostra cosa è e cosa può fare un cieco. Perché io sono cieco, non un ‘non vedente’ come invece ci chiamano adesso. Il significato è diverso - spiega - cieco è una condizione, ci nasci o ci diventi, il non vedente è colui che non vede perché non vuol vedere”.

Da sei anni una vita nuova, la compagna chef anche lei che lo affianca in cucina “è il mio supporto visivo. Io non l’ho mai vista ma mi dicono tutti che è bellissima” dice mostrando la foto nel cellulare, e un bimbo di otto mesi, il quarto figlio, “la gioia della mia vita”. Una nuova carriera resa possibile dalla passione per la cucina: “A casa dovevo cucinare io sennò non si mangiava. Avevo tre figli. Anche se di famiglia benestante per orgoglio volevo lavorare per mantenermi da solo, ho fatto il cameriere e l’aiuto cuoco, ma a quei tempi ci vedevo. Così quando mi sono svegliato dalla precedente vita mi sono iscritto al corso di autonomia e mobilità con bastone e cane guida, a un corso di cucina, di braille, di informatica. Tutto quello che sapevo quando ci vedevo l’ho messo da parte e ho dovuto ricominciare come se fossi tornato in quinta elementare. Poi mio figlio mi ha aperto una pagina Facebook su di me, chef cieco in cucina, ed è stato un boom”.

Il successo è immediato, apparizioni nelle tv nazionali, trasmissioni, interviste, arrivano le 5 stelle della ristorazione, il Quality food Unesco, pochi giorni fa il premio eccellenza siciliana, subito il titolo di blind chef, uno dei quattro esistenti al mondo, e le cene sensoriali, una sua invenzione. La conferma che se si chiude una porta si apre un portone. “Dio mi ha fatto diventare cieco perché aiutassi a combattere la discriminazione, i pregiudizi sulle diversità e sulle disabilità, perché aiutassi chi sta peggio di me. E poi cosa è la diversità? Ognuno è diverso. Solo che noi abbiamo una marcia in più, siamo la dimostrazione che volere è potere e che nulla è impossibile. L’ unico limite casomai è la barriera mentale della società bigotta. Quando una persona accetta la propria disabilità ha già vinto, se poi della disabilità ne fa un punto di inizio e di forza è arrivato al top”. Intanto un altro obiettivo è stato centrato. Grazie al suo esempio un altro chef, diventato cieco per un incidente, ha deciso di continuare la sua professione, è il marchigiano Antonio Ciotola, il quarto blind chef dopo Christine Ha vincitrice di Masterchef Usa 2012, Laura Martinez di Chicago ed Anthony Andaloro: “Tutto è possibile, anche di più, perché nel buio si riesce a vedere quello che la vista con l’inganno ci nasconde”.