di Albrto Pierini
"E’ un premio a cui tengo molto". Andrea Riccardi è pronto al viaggio che lo porterà domani a Pieve, per ricevere il premio "Città dl Diario"
Ma cosa sposta per chi ha già avuto la Légion d’Honneur della Repubblica francese, il Balzan per la Pace e addirittura il Carlo Magno ad Aquisgrana?
"E’ significativo l’ambiente in cui matura, la cultura attraverso i diari percepisce le vibrazioni umane e personali della storia"
E da storico..
"La storia è innervata di eventi ma passa attraverso l’uomo, la donna, l’incontro. E poi..."
Poi?
"E’ anche un premio per la pace: e serve a mettere a fuoco cosa sia davvero la guerra, troppo spesso ne parliamo in modo generico. Ha ricadute pesanti sulla vita personale e tra i diari tutto questo emerge con forza"
Più che in una pagina di storia?
"C’è una frase attribuita a Stalin che poi di Stalin non è ma significativa nel suo paradosso: la morte di un uomo è una tragedia, la morte di un milione di persone è un dato statistico"
Qual è il ruolo dei diari per chi come lei è di mestiere storico?
"Fondamentale, sono contributi personali ma rispetto ad altre fonti danno il sapore e il profumo degli avvenimenti. Anch’io ho lavorato su molti diari"
Ma lei è anche presidente della Dante Alighieri: non la preoccupa il linguaggio che spesso emerge dai diari?
"Niente affatto. Le faccio un esempio: ho analizzato a lungo i diari di Andreotti, nello stile misurato che gli era familiare. Ma non tutto è comprensibile.."
Addirittura..
"I diari a volte si scrivono per noi stessi, magari come promemoria. E lo stesso Andreotti ha pagine illeggibili, perché usa codici personali, chiarissimi a lui ma molto meno al grande pubblico e perfino agli studiosi"
E il diario è determinante anche nella storia della chiesa, il filone che le è più caro?
"Certo. Penso ad esempio ai diari ritrovati nelle agende di Papa Giovanni XXIII, scarni ed efficacissimi. O a Papa Pio XII: a cominciare dal famoso tema dei rapporti con la Germania durante la seconda guerra mondiale".
E il diario, Pieve lo dimostra, è una storia che non passa solo dai protagonisti ma ad esempio dai poveri, la voce che come comunità di Sant’Egidio mettete al centro del vostro cammino
"Esatto. Penso a testimonianze interessanti di donne che hanno tenuto il diario della loro vita familiare. Scrivere un diario non è narcisismo ma mettere al centro l’incontro"
E il premio Pieve..
"Un grande onore essere stato scelto, da qui passano le briciole e i frammenti della storia vera"
Che legame ha con Arezzo?
"Molto forte. Conosco bene la città e la stessa Pieve Santo Stefano. Un legame familiare"
Quale?
"Mia nonna era aretina, figlia di un capostazione che lavorava sulla tratta Arezzo-Firenze. I figli sono nati a Figline e Montevarchi"
Ricordi particolari?
"Da bambino venivo ad Arezzo, mi rimase impresso un grande negozio di piatti e accessori della casa. Si chiamava Morini"
Beh, è rimasto in piedi in centro fino a non molti anni fa..
"Davvero? Lo ricordo benissimo"
E oltre al capoluogo?
"Camaldoli e La Verna, punti di riferimento determinanti per chi sia credente e studioso della storia dalla chiesa"
Come vive la guerra in corso? Lei è stato mediatore in altri conflitti, come in Mozambico?
"Con preoccupazione: Per ora non si intravedono spiragli e le guerre contemporanee hanno sullo sfondo l’incubo atomico"
Mediatori?
"Ho sperato anch’io nella Merkel ma è stata lei stessa a spiegarmi che non avrebbe potuto rivestire quel ruolo"
Ha conosciuto Saverio Tutino, l’ideatore del premio diari?
"Una figura solida e scabra. Ho un grande rispetto per lui e per il suo modo di fare informazione che partiva dalla realtà".