Riapre l'orafo della rapina al Giotto: "Non ho avuto paura davanti alla pistola spianata"

Il racconto dopo il colpo: "L'autista con l'accento siciliano faceva fretta agli altri, gli altri tre avevano una calata slava"

L'orafo rapinato

L'orafo rapinato

Arezzo, 22 maggio 2018 - Sulla vetrina ci sono ancora i segni della spaccata con cui hanno fatto irruzione i banditi, ma Fabrizio Santini, l’orafo rapinato venerdì pomeriggio in via Caravaggio, ha già riaperto bottega, dopo la pausa del fine settimana che gli è servita a superare lo choc. Sì, bottega, perchè insieme al negozio c’è anche il laboratorio per la lavorazione dei gioielli: qualche decina di metri quadrati in cui il blitz si è sprigionato in tutta la sua violenza. Alle 11 di mattina, il proprietario è al bar, in piazza Giotto, dove mentre prende un caffè tutti gli domandano, tutti gli esprimono solidarietà.

Lui, però, la paura sembra averla superata bene, tanto che non si fa pregare per raccontare il minuto e mezzo più drammatico della sua vita. «Mi hanno persino puntato la pistola addosso. Uno ha gridato a quello che aveva l’arma: sparagli. E io a raccomandarmi: state calmi, datemi il tempo di aprire. Cercavo le chiavi ma non riuscivo a trovarle nella concitazione del momento. Loro erano nervosi, molto nervosi».

Però, spiega Santini, lui non si è fatto prendere dal terrore: «Non ne ho avuto neppure il tempo, in un minuto e mezzo c’è l’adrenalina che ti tiene in piedi. La paura semmai viene dopo, a cose fatte». Nel racconto dell’orafo la banda che l’ha assaltato è spietata, professionale ma anche un po’ raccogliticcia: tre, spiega, avevano l’accento dell’est, anzi parlavano fra loro in una lingua slava, il quarto invece aveva una cadenza meridionale, tendente al napoletano.

L’autista, infine, si è rivolto ai compagni in puro dialetto siciliano: «Amuninni». Un tempo, sarebbe stato difficilmente comprensibile da queste parti, ma dopo vent’anni di sceneggiati su Montalbano ormai l’hanno imparato anche i sassi che vuol dire «andiamo». Il resto non è altro che la ripetizione in prima persona di quanto già si sapeva: l’irruzione con la sbarra o col bastone per spaccare la vetrina e farsi largo, lo spray al peperoncino per stordire la vittima giusto il tempo per immobilizzarlo con un nastro da elettricisti. Il bottino, conferma Santini, è intorno agli 80 mila euro.

Assicurato? «No, non mi conveniva, costava troppo. Ho subito il danno e ora ne pagherò le conseguenze». Inutile ricordare che i banditi, scappando, si sono portati via la consolle dell’impianto Tv a circuito interno. Niente immagini, insomma, almeno quelle del negozio. Poi ci sono altre telecamere, ad esempio quelle della banca, che qualcosa hanno ripreso. Le indagini sono in mano alla Mobile, ma è ancora troppo presto per sperare in una svolta.