Il Prato ritrovato: al Mengo poche stelle ma tanta folla e la città riscopre il parco

Migliaia di spettatori ogni sera agli eventi del festival: e oggi potrebbe essere la giornata clou. Rinforzo delle transenne e degli steward nei momenti più critici

La folla al Mengo

La folla al Mengo

Arezzo, 14 luglio 2018 - Prima di far cantare non Peter Gabriel o i Rolling Stones ma Gemitaiz hanno dovuto rafforzare le transenne. Perché l’entusiasmo di chi lo aspettava da ore premeva proprio sui lati del back stage. Lassù, sul ritrovato tetto del rock. Che poi rock non è, se non ai margini dei gruppi minori: musica indie, tanto rap. Le stelle per ora stanno a guardare, hanno rimandato di un anno il loro ritorno ad Arezzo: ma intanto il Mengo vince la sua scommessa. Perché il trasloco da Tortaia al Prato paga, paga oltre ogni previsione.

E restituisce alla musica il suo palcoscenico preferito. I carri messi in cerchio, ben 50 i protagonisti di un mercatino mai tanto nutrito, e in mezzo, a fianco di uno stralunato Petrarca, il palcoscenico di rito. Per ora sono bastati Frah Quintale, Gemitaiz e ieri sera i Ministri a fare scopa. La prima sera circa duemila persone, mercoledì oltre tremila, in gran parte rimaste in attesa per ore del loro divo.

Stasera probabilmente il botto finale: perché Cosmo era dall’inizio l’attrazione principale, perché prima di lui c’è Willie Pejote, perché i telefoni squillano, perché gli arrivi anche da oltre Arezzo non dovrebbero mancare. Il Mengo moltiplica i pani e i pesci: e pone un’ipoteca sull’edizione del 2019. «A questo punto – commenta rinfrancato Paco Mengozzi – non vedo dubbi sulla permanenza al Prato». Qualche protesta per i i volumi di mercoledì, ma un rapido abbassamento di suoni e anche quella sembra rientrata. Nella notte di Gemitaiz le derrate commestibili, a cominciare da birra e salsicce, sono andate del tutto esaurite.

E al momento del pressing sulle transenne è toccato aMengozzi, davanti ad una coda di assetati, sostituire l’addetto ai boccali. Intorno 50 steward, considerando anchela classica copertura dei carabinieri in pensione: più personale di soccorso, vigili del fuoco e polizia municipale. Mobilitati per il muro di gente, tutto concentrato al Prato: per il Corso ne intercetti un centesimo, gli altri sono lassù.

Il costo, è tutto gratis, chiaramente aiuta ma la risposta è inequivocabile. Conferma una fame di musica giovane, che affonda le sue radici nei tempi di Arezzo Wave e poi del Play. E restituisce al centro la ribalta più importante. E già il mirino si sposta sul 2019. «A questo punto potremo coronare il vero sogno: tre serate dedicate ai giovani come quelle di quest’anno e due con nomi di prima fascia del pop italiano». La chiave di accesso sono gli sponsor, ma chi quest’anno ci ha creduto già garantisce il bis, specie a fronte delle code, agli stand o al back stage.

Il pubblico ha un’età media decisamente più bassa di quello che affollava i grandi eventi del passato: tanti ragazzini, un po’ attirati dai nomi e un po’ anche dalla possibilità di godersi una serata di musica a costo zero, birra e salsicce a parte. Siamo lontani, beninteso dal cuore degli eventi estivi. Lontani dai 40 mila biglietti staccati in due serate a Lucca, lontani dai pienoni di Pistoia, lontani dal ritorno delle stelle internazionali che pure nel tempo qui sono arrivate e hanno messo le tende.

Il Mengo si arrampica come un bambino sulle spalle dei giganti che lo hanno preceduto. Ma ricuce uno strappo, doloroso quanto improvviso. E l’estate sposta il suo baricentro sulla città alta, sia pur per quattro giorni, premiando la scelta coraggiosa di ritornarci. Da domenica riscenderà a valle, grazie al festival dell’Aurora a Sant’Agostino ma anche all’ultimo grido delle location: il Parco Pertini, prima palcoscenico di Paolo Fresu e poi della festa celtica. Per assestarsi ad agosto intorno all’Anfiteatro e alla lirica. Ma intanto la festa è risalita sul tetto del mondo, sia pur aretino. E stavolta sembra intenzionata a metterci le radici.