Il cinema riapre dopo 100 giorni e sfiora l'esaurito: la notte della "prima" all'Eden

Dietro le mascherine gli appassionati di sempre, il buio in sala dopo il buio del Covid, i trailer che azzerano il tempo: e un viaggio che riparte dove si era interrotto

L'Eden all'inizio della serata

L'Eden all'inizio della serata

Arezzo, 19 giugno 2020 - "In sala dal 15 marzo": davanti agli occhi rapiti come quelli di Sir Biss di quasi cento spettatori, il tutto esaurito all'alba del rinato cinema, il trailer dà l'appuntamento che non c'è,

Da quel 15 marzo sono passati tre mesi e qualcosa, cancellati dall'onda del Covid. Ma il cinema, miracolo della finzione, fa come se non fossero esistiti. Cento giorni, le porte di casa serrate, i negozi spenti, le strade deserte, la paura sulla spalliera del letto. 

"In sala dal 15 marzo": e in effetti è proprio così. Perché quel 15 marzo è passato ma noi non c'eravamo, figli di un calendario minore. La realtà non può farne a meno, perché abbiamo addosso le cicatrici di quella bufera. Ma il cinema sì. E' la sua forza, è la sua debolezza.

L'Arena Eden riapre al pubblico,che si affaccia oltre il portone di ferro con l'emozione di chi va ad una prima della Scala, invece che ad un paio di ore sulle sedie scomodine mandate a memoria da una vita. E l'unica scala è fatta dei gradini di quella lieve pendenza in mezzo alla quale ti chiedono di mettere meglio la mascherina e ti misurano la febbre,

La febbre è alta ma il termoscanner non se ne accorge nemmeno. E' la febbre di ritrovare una parte di se stessi, quella del racconto, del grande schermo, della luce del proiettore che segue di pochi secondi il buio in sala.

"Siamo emozionati come fosse il primo giorno di scuola": Massimo Ferri dà voce a Officine della Cultura, che gestisce da qualche anno l'Eden. E' uomo più di musica che di celluloide e forse sarà più emozionato al primo concerto o alla prima "prova" vera dell'orchestra multietnica, non mediata dalla distanza o dallo studio di casa. Però nella sua veste dà voce all'emozione di tutti.

"In sala dal 15 marzo". Il cinema dopo il deserto dei cento giorni ricomincia a darti qualche appuntamento: deformati dal tempo e dalle pagine di un calendario strappato, in parte falsi. Ma non sono di certo gli unici appuntamenti falsati della vita: e al cinema la differenza è che li accetti di buon grado.

Accetti che la storia si possa riavvolgere, possa tornare indietro alla moviola: accetti che in fase di montaggio il film venga riscritto da capo, come Nuovo Cinema Paradiso. O come la stagione del Covid che ha sbarrato non solo le case ma anche il portone dell'Eden.

Le sedie sono poche, ne restano un centinaio, le altre sono transennate come se il virus ci fosse attaccato sopra. Gli spettatori entrano con le loro bottigliette d'acqua sotto braccio ma del resto l'Eden non è mai stata terra di popcorn o di bibite al bar, al massimo di macchinette automatiche.

Sul maxischermo che galleggia, bianco come una sposa,nella notte aretina il suono ritmico della Lucky Red, la casa cinematografica del primo film, ti accarezza l'udito e in parte la memoria.

Il 70% della sala era stato riempito on line, roba da record in una città che di prenotazioni al cinema ne ha sempre fatte pochine. Ma come per i biglietti alla cassa vanno via prima quelli in fondo. C'è la distanza sociale ma il cinema riprende il suo ruolo davanti e dietro lo schermo, propone storie e insieme nel buio della sala ne ricostruisce di nuove, complici le poltroncine dell'ultima fila.

La "prima" è riservata ad un film, "I Miserabili",  che niente regala al sogno e tutto alla realtà. Il 15 marzo del trailer non esiste più ma quel mondo di contrasti sociali, di bambini cresciuti troppo in fretta, di potere che va alla testa perfino dei più emarginati esiste, esiste davvero.

Ad un metro e qualcosa dallo spettatore più vicino, fai fatica a capire perché sul grande schermo siano tutti ammassati, perchè davanti alla Torre Eiffel si accalchino come a Napoli dopo la vittoria in Coppa Italia. Miracoli del cinema: dopo tre mesi racconta comunque qualcosa (lì i mondiali di calcio, qua il primo trofeo della stagione) che un po' guardiamo e un po' viviamo. Sorta di specchio pur deformato della realtà.

Nel buio che tutto esalta e tutto nasconde la mascherina finisce sul collo e poi sulla sedia di fianco, vuota stavolta per legge. I rumori della città ti stordiscono all'inizio ma poi vengono insonorizzati se non addirittura inglobati nella storia. Le sirene della polzia aretina si incrociano con quelle della polizia francese e così le ambulanze o il traffiico delle strade.

Sei lì, in prima fila, sospeso su un racconto che si era interrotto cento giorni fa, sacrificato ad una realtà surreale e che per mesi abbiamo raccontato come fosse la trama di un filmm e neanche di un gran bel film. Per qualche secondo fatichi a rientrare in quel clima da lanterna magica, che mescola realtà e finzione nello stesso schermo.

Ma è solo qualche secondo, il tempo di riprendere le misure con lo spettacolo e insieme con la vita di sempre. I cento giorni evaporano allo spegnimento delle luci e all'accensione di quella del proiettore. La sera del ritorno del cinema splende nella notte aretina, nel trionfo della ritrovata normalità.

"In sala dal 15 marzo": sì, forse quel 15 marzo non è passato, esiste ancora ed è tutto da vivere. Di sicuro nel sogno, dove ti cali grazie al film senza neanche l'aiutino di un colpo di sonno. Forse nella realtà, che sarà pure sempre meglio di un buon film: ma che di quel film aveva bisogno per ricominciare a vivere. Per riconciliarsi con un mondo che ti avevano strappato di dosso.

Dietro le mascherine riconosci i volti, le storie, i compagni di viaggio di prima. C'erano poco prima che il cinema venisse sbarrato, poco prima dei cento giorni. Ci sono ancora al risveglio dall'incubo. Lì dove niente,dicono, è più come prima. Ma qualcosa sì, nel mondo che si è spento e rinasce in attesa di un 15 marzo.