"Ha sparato per legittima difesa". Delitto di San Polo, Mugnai esce

Scarcerato il fabbro che ha ucciso l’albanese Dodoli: stava tentando di buttargli giù la casa con la ruspa. L’uomo ha risposto alle domande del giudice Soldini. Il pm Taddei aveva chiesto gli arresti domiciliari

Migration

di Gaia Papi

Sandro Mugnai è stato scarcerato. La sera del 5 gennaio, quando ha sparato uccidendo un vicino, lo ha fatto per legittima difesa. E’ quanto ha stabilito, ieri mattina, il giudice Giulia Soldini durante l’interrogatorio di garanzia che si è tenuto nel carcere di San Benedetto dove l’uomo era detenuto da tre giorni. Il fabbro di San Polo, assistito dai suoi legali Marzia Lelli e Piero Melani Graverini, ha deciso di parlare ripercorrendo nei minimi dettagli quanto accaduto alla vigilia dell’Epifania, quando ha ucciso, con quattro colpi di carabina Gezim Dodoli, il vicino di casa albanese, che aveva assalito la sua abitazione con una ruspa. Mugnai nel corso dell’udienza ha raccontato che stava cenando in famiglia, sei persone tra cui la madre ultraottantenne, la moglie, il figlio più giovane, il fratello e un altro parente, quando il 58enne albanese, alla guida di un escavatore, ha iniziato a colpire la sua abitazione. Il tetto del casolare stava cedendo sotto i colpi del mezzo. Per la famiglia era impossibile uscire per mettersi al riparo da un eventuale crollo. Poi il particolare, forse decisivo per la decisione del giudice: Mugnai ha prima tentato di fermare il vicino a parole, poi non sortendo effetto, ha imbracciato la sua carabina da caccia, regolarmente denunciata, e ha sparato un colpo a terra, urlando all’altro "fermati"; un gesto intimidatorio che non ha però avuto effetto.

Anche il fratello di Sandro Mugnai nel frattempo si era affacciato alla finestra, cercando di convincere l’albanese a bloccare la ruspa, ma senza risultati. Sono seguiti altri quattro colpi che hanno freddato l’uomo. Il fabbro avrebbe quindi sparato per salvare se stesso e la sua famiglia che rischiava di morire nel crollo dell’abitazione, poi dichiarata inagibile dai vigili del fuoco. Secondo il Gip Soldini c’era, almeno soggettivamente, il rischio imminente di vita per sé e i suoi, elemento che ha fatto scattare la legittima difesa.

Cade l’accusa di omicidio volontario con la quale Mugnai era stato arrestato dai carabinieri la notte fra il 5 e il 6 gennaio, quando fu lui stesso a chiamarli: venite, è successa una tragedia. Tragico epilogo di un rapporto che col tempo era andato ad incrinarsi fra le due famiglie. Quando Dodoli era arrivato in Italia, trenta anni fa insieme alla moglie e due figli, con i Mugnai era nata subito l’amicizia. Lo racconta anche don Natale, parroco di San Polo.Poi Gezim si trasferì a Milano per lavoro. E al ritorno a San Polo, da solo, l’inizio delle discussioni per banali questioni di vicinato. Gezim lamentava che gli scarichi fognari del piano alto entrassero nel suo appartamento lasciando cattivo odore. Poi la musica troppo alta con la denuncia, e altre questioni legate ai terreni confinanti.

Nulla che facesse anche solo lontanamente presagire quanto poi è accaduto. Il 5 gennaio la famiglia Mugnai si era ritrovata per trascorrere una serata insieme. Ad un certo punto i forti rumori dall’esterno. La ruspa, le auto danneggiate, il mezzo che procede verso il casolare e lo colpisce con violenza. Le urla, poi gli spari.