Guarito dal Covid fa un monumento ai medici: l'omaggio di Piero Iacomoni

Il patron di Monnalisa è uscito dall’ospedale dopo 23 giorni di ricovero. : «Malattia infida, siate prudenti». La statua accanto a quella della Sputaci

Piero Iacomoni

Piero Iacomoni

Arezzo, 21 ottobre 2020 - Al virus che lo ha bloccato in ospedale per ventitré giorni dedicherà un monumento sul Sentiero della Bonifica, di fronte a casa, come ha già fatto con la Sputaci e l’Omino d’oro, mitici personaggi dell’Arezzo che fu. Piero Iacomoni ha la voce brillante e squillante come se tre settimane abbondanti nel reparto di malattie infettive del San Donato fossero una passeggiata. Tanto da voler dedicare una statua al morbo che lo ha tenuto bloccato su un letto d’ospedale, ma per esaltare il lavoro del personale sanitario che lo ha assistito e che ieri gli ha comunicato la tanto attesa dimissione.

«Devo ancora pensare a quale forma potrà avere la statua, so che vorrei che fosse il primario Danilo Tacconi a inaugurarla – dice il patron di Monnalisa, colosso aretino della moda di lusso per bambini – me la immagino come un’opera-simbolo davanti a cui soffermarsi: un posto dove portare le scolaresche per spiegare che con la salute non si scherza. Avere paura è sbagliato ma essere prudenti è fondamentale. So che sono stati mesi difficili e altri ce ne saranno. Non sottovalutiamo quello che i medici ci raccomandano: distanziamento, mascherina, gel per le mani».

La lunga degenza al San Donato è stata legata a una serie di tamponi positivi anche se i sintomi sono spariti quasi da subito: «Mi hanno diagnosticato una polmonite, all’inizio mi hanno anche messo il casco a ossigeno. Per fortuna dopo pochi giorni stavo già bene: ho approfittato di questo momento per pensare, per riflettere una volta di più sul fatto che la vita è bella e vale la pena viverla.

Non mi sento indebolito, anzi mi sono decisamente fortificato». Iacomoni, le è bastato un attimo per restare contagiato. «Davvero, basta una distrazione e questo morbo è inesorabile. Ho incontrato un nostro fornitore turco alla fine di settembre, con mia moglie e mia figlia l’ho salutato con un bacio sulle guance e non ho partecipato al pranzo di lavoro. È bastato per trovarci tutti e tre con il Covid. A me hanno anche diagnosticato una broncopolmonite che per fortuna con le cure è sparita, Barbara e Diletta sono rimaste in quarantena a casa senza troppi sintomi, per fortuna».

I negazionisti sono serviti... «Quando mi hanno detto di preparare la borsa per andare all’ospedale mi è caduto il mondo addosso. Ho pensato a tutte le persone che sono morte in questi mesi, alle immagini che arrivavano dalla Lombardia all’inizio del lockdown. Poi ho cercato di vedere il lato positivo, il tempo a disposizione per mettere in fila i pensieri e, me lo faccia dire, ho potuto apprezzare la straordinaria professionalità di questo reparto a cui vorrei dare un aiuto concreto, oltre a dedicare il monumento di cui parlavo all’inizio».

Un inno all’ottimismo nonostante una pandemia che torna a farsi sentire: Iacomoni l’aveva già raccontata a La Nazione in un’intervista durante il periodo di clausura in primavera. «Ogni giorno ne faccio una: taglio l’erba con il trattorino, poto le piante e ho messo su un po’ di oche e galline – aveva detto – il primo obiettivo è non annoiarmi mai. Ma c’è anche tanto tempo per pensare a cosa succederà.

Sono ottimista: ci sarà una ripresa che ci dovrà trovare pronti, in tutti i sensi». Figuriamoci se ventitré giorni di ospedale possono togliere il sorriso a Mister Monnalisa.