Fabianelli: «Il grano che usiamo non è ucraino ma i prezzi saliranno»

Sulla pasta è partito l’ultimo Tir per Mosca. «Spero che le sanzioni non ci penalizzino. Costi lievitati fino al 700%, accettiamo ordini da chi ci riconosce aumenti»

Fabianelli

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Arezzo, 1 marzo 2022 - Il Tir per Mosca è partito venerdì. «Non ci abbiamo pensato neanche un minuto a non caricarlo e spero che le sanzioni contro la Russia non penalizzino troppo l’export dell’Italia» dice Luca Fabianelli alle prese con il «risiko» dei rincari e, ora, della guerra in Ucraina. Il pastificio di Castiglion Fiorentino spedisce prodotti in 70 Paesi nel mondo e sta tra le prime aziende in Italia per volumi di esportazioni (nel 2020 oltre il 73%), non riceve grano dall’Ucraina perché la scelta è calibrata su quello italiano e toscano, tuttavia risente degli effetti destabilizzanti del conflitto anche sul piano interno.

«Il grano italiano per tutti i pastifici non basta più; dal Canada non arriva perché il raccolto è stato pessimo, la domanda continua ad aumentare e l’offerta diminuisce; la conseguenza è un aumento del prezzo fissato settimanalmente alla Borsa merci. Sarà un bagno di sangue, in attesa del prossimo raccolto di grano italiano e toscano».

Il «bagno di sangue» che Fabianelli indica come una montagna da scalare, tiene in sé più «voci» e tutte con un impatto sui fatturati, nonostante gli ordini continuino ad arrivare dall’estero nel quartier generale dove lavorano 35 dipendenti. «La semola è aumentata del cento per cento, i costi del gas del settecento e se nel 2020-2021 la bolletta era di 17.800 euro, quella del 2021-2022 è schizzata a oltre 120mila euro. A questo si aggiungono i rincari di trasporto: se prima spedire un container in California costava 4mila euro, ora ce ne vogliono 11mila; in Oriente va meglio ma sempre costi raddoppiati».

Quarta generazione dei maestri pastai, Fabianelli è amministratore delegato dell’omonimo pastificio che produce 1200 quintali al giorno ma nel perverso mix tra post-pandemia e guerra, deve far quadrare i conti ottimizzando ogni linea di produzione con l’obiettivo di resistere e magari trasformare la crisi mondiale in opportunità.

Si chiama resilienza e per Fabianelli si traduce anche in selezione dei clienti: «Prendiamo ordini solo da quelli che ci riconoscono un aumento, non possiamo lavorare gratis. E’ un’azienda solida e può permettersi per alcune ore di staccare i macchinari non strategici, come il reparto confezionamento, nelle ore di picco di consumo, dedicando quel tempo alla manutenzione, ma ci sono pastifici costretti a fermarsi».

Sullo scaffale il prezzo del pacco di pasta è destinato più o meno a raddoppiare per il meccanismo che lega la filiera dal campo alla tavola. La struttura commerciale «lavora giorno e notte, siamo fiduciosi che si possono aprire nuovi canali. L’importante è non stare fermi», osserva Fabianelli che in Russia, finora, mantiene clienti e commesse.